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Mattarella ascolta…

7 Dicembre 2016 747 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Oggi il governo ha ottenuto la fiducia sulla legge di stabilità al Senato. Conseguentemente l’esecutivo dovrebbe sentirsi più forte e autorizzato ad andare avanti. Invece il presidente del Consiglio, dopo la direzione del suo partito, si recherà da Mattarella a rassegnare le dimissioni. Non è mai accaduto nella storia repubblicana. E dubito che il presidente della Repubblica le possa accettare senza rinviare il governo alle Camere. Si potrebbe verificare un inutile balletto istituzionale in barba alla Costituzione. Ma restiamo al dunque. Anche ammettendo (d’altronde la Costituzione non lo vieta) che il presidente del Consiglio ritenga irrevocabili le sue dimissioni quest’ultimo non potrebbe rifiutarsi di presentarsi alle Camere, ma potrebbe chiedere alla sua maggioranza di sfiduciarlo. Questo in realtà è già avvenuto nel 1987 con la caduta del governo Fanfani. In questo caso il governo sfiduciato resterebbe in carica fino all’avvento di un nuovo governo o, se non gli succederà un altro esecutivo, fino alle elezioni. E in realtà anche dopo, fino alla costituzione del governo che uscirà dal Parlamento eletto.

La maggioranza potrebbe darsi un governo senza l’attuale presidente del Consiglio come del resto già fece nel 2014 con la sostituzione di Enrico Letta con Matteo Renzi. Invece il presidente del Consiglio, nelle vesti di segretario del Pd, sostiene che l’unica maggioranza possibile ora sarebbe quella di unità nazionale con un governo istituzionale magari presieduto dalla seconda carica dello Stato e appoggiata dall’intero arco politico o dalla gran parte di esso. Se questo non avverrà l’attuale maggioranza si comporterebbe come una minoranza. E certificherebbe la sua non autosufficienza politica, anche a fronte della sua autosufficienza numerica.

La seconda incongruenza riguarda il percorso per arrivare alla nuova legge elettorale per Camera e Senato. Oggi voteremmo con una legge, il Porcellum corretto sostanzialmente dalla Corte, definito Consultellum, di stampo proporzionale, sempre “su base regionale” come previsto dalla Costituzione, senza premio di maggioranza. L’Italicum è una legge che si riferisce solo alla Camera dei deputati, essendo stato il Senato in via di trasformazione attraverso la riforma costituzionale. Il 24 gennaio l’Alta corte si pronuncerà rispetto al ricorso presentato. E qui emerge una grande contraddizione di sostanza e di forma. Il Parlamento ha tempo fino al 24 di gennaio per approvare la nuova, anzi le nuove leggi elettorali per Camera e Senato. Se questo non avverrà dovrà praticare le norme frutto della sentenza della Corte, sia quella sul Porcellum per il Senato, sia quella sull’Italicum per la Camera. Si tratterebbe invero di una curiosa anomalia, non la prima se pensiamo alle diverse leggi sui diritti civili riformulate dalla Corte, anzi di una vera e propria sostituzione di competenze legislative. In realtà di un’ennesima prova di dilettantismo dell’attuale classe politica e parlamentare. Di una delega ad un altro organo dello Stato da parte di un Parlamento imprevidente e impotente.

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