Disastri romani
Partiamo subito da una certezza. Noi siamo culturalmente garantisti. E abbiamo sofferto sulla nostra carne il giustizialismo. Un avviso di garanzia non è una condanna e il carcere preventivo deve tassativamente essere praticato secondo la legge che lo prevede solo in tre casi: pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Non saprei dire in quale di questi tre casi si inserisca il fermo di Raffaele Marra, già vice capo di gabinetto del sindaco Raggi, poi spostato, dopo polemiche interne al movimento, a capo del personale, dal quale partì, tra le altre, la nomina del fratello Renato a capo della sezione turismo. Marra è accusato di corruzione, reato che dovrà essere ovviamente dimostrato.
Destò subito un certo scalpore che Marra fosse stato scelto come collaboratore del sindaco Raggi, dopo aver svolto incarichi di primo piano già con la giunta Alemanno e con quella regionale di Renata Polverini. La fiducia in lui mostrata da Virgjnia Raggi è stata oggetto di forti tensioni con parte del movimento Cinque stelle, e in particolare con le parlamentari Lombardi e Taverna. L’arresto di Marra é solo l’ultimo atto di una sequela di dimissioni, di scontri, di polemiche che hanno caratterizzato questi sei mesi di amministrazione grillina. E che hanno fatto notizia molto più di analoghe vicende avvenute in altre amministrazioni, perché i Cinque stelle si sono presentati come cavalieri dell’onestà e della trasparenza e l’esperienza sotto il Cupolone doveva essere propedeutica a quella governativa nazionale. Facciamo un conto.
Carla Ranieri, magistrata della Corte d’Appello di Milano, diventa capo di gabinetto dopo lo spostamento e promozione di Daniele Frongia alla carica di vice sindaco. Poi la Ranieri viene allontanata e costretta a dimettersi a seguito di un parere dell’Anac (l’Autorità diretta da Raffaele Cantone) sulla sua nomina irregolare. Carlo Minenna, economista e professore alla Bocconi, l’assessore al Bilancio del Comune di Roma, lascia l’incarico il primo settembre per solidarietà con Carla Raineri, di cui aveva sostenuto la corsa a capo di gabinetto. Nello stesso giorno danno le dimissioni anche il direttore generale dell’Atac Marco Rettighieri e l’amministratore unico Armando Brandolese.
Raffaele De Dominicis, magistrato in pensione, nominato assessore al Bilancio ai primi di settembre dopo l’addio di Minenna, non fa nemmeno in tempo a insediarsi che è costretto a lasciare perché indagato per abuso d’ufficio. Il 10 settembre si scioglie il rebus dell’assessorato al Bilancio. Dopo la rapida successione di tre assessori in meno di quattro mesi, si insedia Andrea Mazzillo, esperto di finanza locale e commercialista. In contemporanea Massimo Colomban viene nominato assessore alle partecipate. Poco dopo Stefano Ferrante, il 29 settembre, il ragioniere generale, rassegna le sue dimissioni nelle mani della sindaca.
Paola Muraro, scelta dalla Raggi a giugno per guidare l’assessorato alla Sostenibilità ambientale, la manager dei rifiuti (definita “un tecnico puro”), si dimette dall’incarico il 13 dicembre, dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per reati ambientali riferiti all’epoca in cui era consulente di Ama. Le sue deleghe vengono prese in carico dalla stessa Raggi. Oggi l’arresto di Marra. In sei mesi, oltre a dimissioni, conflitti, provvedimenti giudiziari, non si hanno notizie di particolari iniziative per risolvere i problemi romani. Le uniche due decisioni riguardano il no alle Olimpiadi, unico caso al mondo di una città che rifiuta i giochi e con essi corposi finanziamenti pubblici e privati e il dissenso, che ancora non pare trasformato in diniego, rispetto al progetto del nuovo stadio della Roma.
Il tutto in un’ottica anti progressista e vetero conservatrice che ci fa tornare indietro di secoli. E con quell’equiparazione tra opere pubbliche e corruzione che induce i Cinque stelle ad alzare le mani e rassegnarsi a far nulla. La Raggi vive nel bunker, attorniata, come si evince dalla sua ultima dichiarazione in tivù, da un nugolo di donne e uomini preoccupati e seduti intorno a un tavolo come in una seduta spiritica. Viene spontaneo chiedersi quante volte i grillini avrebbero già chiesto le dimissioni di un sindaco e di un’amministrazione conciata così se non fosse la loro e come diversamente giudichino oggi le responsabilità individuali a fronte di un’iniziativa giudiziaria. E poi non si può evitare l’impressione di un profondo fallimento di un’esperienza alla quale i romani avevano guardato con così tanta fiducia. E pare incredibile doverlo esprimere dopo soli sei mesi.
Contemporaneamente non si può evitare di parlare dell’autosospensione del nuovo sindaco di Milano Sala, raggiunto anch’egli da un provvedimento giudiziario a seguito di un appalto nell’ambito di Expo. Ritorniamo all’inizio e al concetto di non colpevolezza che riguarda la Muraro come Sala. Restano i due diversi atteggiamenti grillini. Che portano non solo alle dimissioni o autosospensioni, ma alla chiamata in causa delle intere amministrazioni coinvolte. Di Sala e della sua giunta avrebbero chiesto le dimissioni immediate. Non lo possono fare adesso, con la Raggi e la sua giunta pluriinquisita. Anche sotto la Madonnina scorre il Tevere, oggi.
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