Gli errori di Renzi
L’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi sollecita sul suo sito facebook di indicargli quelli che sono stati i suoi errori in questi tre anni. Lo trovo un metodo opportuno proprio perché aperto anche alle critiche. Non lo considererei sufficiente, perché la riflessione dovrebbe essere approfondita adeguatamente con ragionamenti che fanno a pugni con la natura di facebook. Provo tuttavia a indicargli quelli che a mio avviso sono stati i suoi sbagli. Il primo è quello della squadra. Lasciamo perdere il modo col quale è subentrato a Letta e che non ha precedenti nella storia dei governi passati. Nemmeno i democristiani cucinavano in quel modo i loro presidenti del Consiglio. Avevano almeno uno stile diverso. Ma iniziamo dalla composizione del suo governo. Proprio perché Matteo era un giovane senza esperienza governativa e nemmeno parlamentare avrebbe avuto bisogno, più che dei suoi amici e amiche, di personaggi di lungo corso e di grande esperienza. Oltre tutto si sarebbe fatto molti meno nemici interni.
Poi la scelta della Mogherini e non di D’Alema alla Commissione europea. Non sono mai stato dalemiano o filo dalemiano, anche se una certa considerazione per il Lider Massimo non l’ho mai nascosta. Ma perché non ricucire con lui mantenendo fede alla promessa di un posto in Europa? La logica della rottamazione per scala anagrafica è stupida e controproducente. Poi la scelta di Mattarella e non di Giuliano Amato al Colle. Nulla contro la persona di Mattarella, sia ben chiaro. Ma che anche su questo Renzi abbia preferito ricorrere a un uomo della sua parte politica anziché a un personaggio della istituzioni che veniva non dalla sua, ma dalla nostra storia, mi é parsa una forzatura, soprattutto perché con l’elezione di Giuliano Amato Renzi avrebbe mantenuto in vita il Patto del Nazareno con Berlusconi.
E siamo al dunque. Era evidente che anche col Patto del Nazareno non sarebbe stato semplice vincere il referendum confermativo della riforma costituzionale, visto che i voti berlusconiani non sarebbero stati sufficienti a raggiungere in doppia lettura i due terzi. Senza quell’appoggio la vittoria del referendum era però una chimera. Basta leggere i voti che i sondaggi attribuivano ai vari partiti schierati per il sì e per il no. Complessivamente quelli per il sì (considerando l’opposizione della minoranza del Pd) non superavano il 30 per cento. Quelli per il no raggiungevano il 70. Ci si è messa anche una campagna referendaria sbagliata, con annunci contraddittori: me ne vado, non me ne vado, non lo so, lo so e non lo dico. E accenti populisti sul taglio dei politici e della spesa per la politica che hanno finito per rafforzare le posizioni dei populisti autentici.
Infine il rapporto coi cosiddetti organismi intermedi. Se si eccettua la Confindustria (forse la Coldiretti e poco altro) Renzi ha rotto con tutti. Ora paragoniamo il suo al comportamento di Craxi. Quest’ultimo tentò di convincere tutto il sindacato della bontà del decreto di San Valentino e per settimane fu lì lì dall’individuare anche un punto di intesa con Lama e la Cgil. Fu Berlinguer a romperlo e a preferire il referendum. Ma anche al referendum il governo Craxi si trovò l’appoggio di Cisl, Uil e della componente socialista della Cgil. Sul jobs act, che personalmente trovo ancora una buona legge, anche se sui voucher andrà cambiata, Renzi poteva e doveva dialogare e non rintanarsi in una sorta di decisionismo solitario.
Ce ne sarebbero altri. Ma mi fermo qui e spero che queste mie note non vengano interpretate come un cambio di campo. Non sono mai stato renziano, non divento anti renziano. Ho riconosciuto sul mio giornale le cose buone fatte dal governo e dalla segreteria Renzi al Pd, non ultimo la piena adesione del suo partito al socialismo europeo. Riconosco che contrariamente a Letta non si era scordato, al momento di formare il suo governo, dell’esistenza dei socialisti. Vorrei che Renzi riflettesse su questi errori perché errare humanum, sed perseverare diabolicum. E oggi il giovin signore fiorentino dovrebbe pensare a un periodo di riflessione che non si esaurisca in tempi troppo ravvicinati. Renzi è giovane e non deve bruciare le tappe, solo perché quelle della politica incombono.
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