Aiuto, il fascismo é alle porte…
Che bisogno c’è di varare oggi una nuova legge che punisce l’apologia del fascismo? Esiste già la legge Scelba del 1952, che ha messo nero su bianco il comma primo della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, poi la legge Mancino del 1993, che punisce anche simbologie e gesti che si ispirano a quella ideologia e allarga lo spettro ad un insieme di altri atteggiamenti che ispirano violenza e odio. Diciamo la verità. Le due leggi, quella sul divieto di ricostruzione del partito fascista e sull’apologia del fascismo, che porta il nome di quello Scelba che proprio in quegli anni rivolgeva la sua attenzione, non certo benevola, verso i partiti sinistra, e quella di Mancino, che allarga il perimetro a chi incita agli odi razziali, etnici e religiosi, mentre in Italia si diffondeva il fenomeno leghista, appartengono a due fasi storiche particolari. Quelle fasi le due leggi fotografano. In qualche misura le inseguono.
Non si capisce perché tornarci sopra oggi. A cosa si intenda rispondere. Forse alla contraddizione che esiste attorno al fascimo nel gruppo dirigente pentastellato? E soprattutto non si afferra bene cosa cambi nelle disposizioni legislative. Solo differenze marginali. A ben leggere il nuovo dispositivo presentato da Fiano le novità paiono soprattutto due: viene vietata la produzione, diffusione, vendita di gadget che richiamano persone e avvenimenti da ricondurre al fascismo (con tanti saluti agli affari di Predappio, ma nel lastricato dello stadio Olimpico come la mettiamo?), e che le vecchie normative vengono oggi estese anche al web. Cose invero decisive per le sorti dell’Italia. E’evidente che si tratta di un passo che mira a spostare la discussione ancora sul tema del fascismo-antifascismo a cui già in tanti oppongono quella del comunismo-anticomunismo. Tipico, questo ritorno all’indietro della classe politica italiana nei momenti di crisi. Da un leader che scrive Avanti però ci si attende ben altro.
Torniamo al tema. Dopo 74 anni dalla fine del fascismo, e 72 dalla fine della guerra, sul ventennio molti storici sono arrivati a un giudizio equilibrato. Critico, fino al 1938, di dura condanna dopo, a causa delle leggi razziali e del patto con la Germania nazista. Ma lasciamo perdere la storia se non per inserirvi due distinzioni, la prima, quella della non omologazione tra fascismo e nazismo, che storici come Renzo De Felice hanno motivato a mio avviso in modi convincenti. La seconda é riferita al rapporto tra fascismo e terrorismo nero. Mi ricordo una battuta di Craxi che mi stupì, ma mi fece riflettere. Era il 1974 ed eravamo di fronte alle prime stragi nere. Craxi mi disse: “Questi sono terroristi, il fascismo é stato altra cosa”. Aveva proprio ragione. Un excursus sul modo di comportarsi di altri paesi. Proprio alla metà degli anni settanta mi recai in Urss nei pressi di Leningrado, quando ancora i comuni rossi allacciavano rapporti di gemellaggio a senso unico con l’Est. Nella piazza principale di una città dedicata al protagonista della rivoluzione d’ottobre campeggiava una statua dello zar. Da stropicciarsi gli occhi. Mi spiegarono che la storia non può essere rimossa. E’ in fondo la stessa ragione che spinge i miei amici di Cavriago a tenere in piazza la statua di Lenin.
Infine si affacciano altre due questioni. La prima é relativa all’insieme delle ideologie e sistemi politici di stampo criminale. Delle differenze tra nazismo e fascismo fino al 1938 ho detto. Resta il problema del comunismo. Parto da un presupposto. Un conto é il crimine, un conto é il pensiero che lo anima, lo ispira, lo giustifica. A cavallo degli anni sessanta-settanta i magistrati italiani avrebbero dovuto incriminare un’intera generazione che inneggiava alla rivoluzione, a Mao tse tung, a Lenin, a Castro, a Che Guevara, che considerava la violenza necessaria, che cantava slogan come “Vietcong vince perché spara” o “Uccidere un fascista non é reato” e appiccicava l’appellativo di boia a tutti i presidenti americani. Poi, per fortuna, quelli che si sono messi a sparare sono stati relativamente pochi. Non pochissimi. Cossiga, era presente anche Gianni Cervetti, in una cena mi confidò che coloro che abbracciarono le armi ed entrarono in clandestinità o semiclandestinità sono stati 14mila. Uno stadio medio esaurito. Esagerava?
Giusto allora applicare le norme anche alla propaganda della violenza comunista almeno a quella di stampo stalinista? Non farlo solo perché questa violenza non si é sviluppata in Italia (anche questo non é vero, sono di Reggio Emilia) mi pare argomento debole (anche il nazismo non é stato fenomeno italiano). Poi una seconda annotazione. Esiste oggi in Italia un pericolo fascista? Esiste dunque la necessità di frenare l’adesione di masse di giovani verso un’ideologia bocciata dalla storia? Lasciamo stare le violenze, cioè le azioni criminali, che vanno colpite chiunque le compia. A me pare che oggi la violenza che si sta diffondendo in tutta Europa, sulla base di un odio di stampo religioso, sia quella islamista. O sbaglio? Certo ci sono stati anche atroci delitti, come quello di Utoya, di stampo razzista e nazista. Ma il maggior numero di agguati sanguinari portano altrove. In Italia pensiamo invece di avere un Attila alle porte con la camicia nera. Non c’é che dire. Siamo davvero originali.
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