Sette piccoli indiani a Cinque stelle
Si fa un gran parlare di queste primarie grilline per l’individuazione del candidato premier, che hanno solo valore formale. In Italia non si vota per eleggere il presidente del Consiglio, ma per eleggere il Parlamento che a sua volta non elegge un premier, ma vota la fiducia a un governo con a capo un primo ministro scelto dal presidente della Repubblica. Ma lasciamo perdere, perché quest’ambiguità ce la portiamo dietro dal 1994, dalla nascita della cosiddetta seconda Repubblica, mai nata. E ora pare già morta. Siccome il buon Giggino Di Maio é candidato a vincere nessuno dei cosiddetti big del partito ha accettato la sfida. Con Di Maio corrono un portiere delle giovanili del Napoli di cui Giggino era steward e raccattapalle, suo cugino che lavora in Svizzera, una ex fidanzatina di Torre Annunziata, suo zio di Nola, il suo prosciuttaio sotto casa che ha chiesto in cambio la maglia di Insigne, il commercialista di Grillo che certificava i bilanci, falsi, dei suoi spettacoli, la segretaria licenziata da Di Battista e uno degli assessori (a scelta) allontanati dalla Raggi. Di Maio festeggerà la vittoria senza gara, dopo il sacrificio dei sette piccoli indiani (e non ne rimase nessuno…) offrendo a tutti gli altri una cena a Posillipo. Coi soldi del Monopoli…
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