Affonderemo la Francia e spezzeremo le reni alla Grecia?
Claudio Martelli, in una bella intervista, ha parlato di “ignorantume” ed in effetti questa cifra sembra essere prevalente oggi, non solo nel governucolo giallo-verde (meno male che sono stati inseriti tecnici del valore di Tria e Moavero), ma anche fra l’opinione pubblica, molto avvezza a sentenziare senza approfondire e studiare, nello stile tipico offerto dalle logiche dei social. D’altronde questi ultimi diffondono una pseudo cultura manichea. O mi piace o non mi piace. Non riconoscono l’esistenza della sfumatura, della parzialità. Offrono l’opportunità di aggredire e di offendere in nome di un falso egualitarismo che mette sullo stesso piano chi conosce i problemi e chi non li ha mai affrontati. Eppure viviamo nella società della conoscenza, dove tutto, anche la politica, richiede uni sforzo di continuo aggiornamento e una conoscenza adeguata dei nuovi meccanismi che la regolano.
All’opposto, nella società della complessità e dell’interdipendenza, nascono a fiotti nuovi soloni del pressapochismo e della superficialità. E costoro sanno raccogliere consenso da parte di chi ama gli slogan senza verificarne la produttività. Proviamo a decifrarne alcuni. Uno di questi è: “Batteremo i pugni sul tavolo in Europa per farci rispettare”. Difficile immaginare che toni del genere siano più convincenti e incisivi di quelli usati in passato. Per ora, vedi Macron, i pugni ci sono tornati indietro più pesanti. E se Tria si dice impegnato a ridurre il deficit in rapporto al Pil, sulla scia di quanto avvenuto negli anni scorsi, e di aumentare l’avanzo primario, ma in prospettiva raffreddando anche il debito, portandolo al 120 per cento sul Pil, qualcuno dovrà pur spiegare a quali pugni si riferisce, visto che il ministro dell’Economia continua ad elargire solo carezze.
“Padroni in casa nostra” e “Stop all’invasione” sono due parole d’ordine leghiste. A parte il fatto, sottolineava a proposito della parola Camillo Prampolini, che “la padronanza non fa rima col socialismo”, mi resta il fondato dubbio se costoro si siano accorti che oggi nessuno è padrone in casa sua. E che tutto é diventato globale, l’economia, la cultura, lo spettacolo, lo sport e, come aggiunge Ugo Intini, “perfino il crimine”. Siamo e saremo sempre più cittadini del mondo e anche la nostra nuova patria europea, che ancora stenta a nascere politicamente, rischia di essere troppo piccola. Lo spettro dell’invasione che non c’è (abbiano in Italia solo l’8,3 per cento di stranieri, del quale solo il 6 extracomunitario) ha fatto breccia. Solo una piccola parte, circa 600mila, dunque l’8 per cento dell’8 per cento, é irregolare o clandestina. Come bloccare l’invasione che non c’e? Già Minniti senza chiudere porti e senza anatemi e scomuniche, ci era riuscito. In sei mesi nel 2018 gli sbarchi sono diminuiti dell’80 per cento rispetto agli stessi mesi del 2017. E questo grazie al blocco delle partenze e non dei porti. Tutto da discutere il trattamento dei migranti nei campi di respingimento libico e se noi rivendichiamo umanità verso i disgraziati che ancor oggi salpano in mare in attesa di un attracco che anche l’Italia nega, dobbiamo pretendere che a un trattamento umano e caritatevole siano sottoposti coloro che sono stati fermati in Libia.
Noi alziamo la voce e giudichiamo Macron, parole di Di Maio, “il nemico numero uno”, la Germania la consideriamo alla stregua di una grande sfruttatrice e non commentiamo nemmeno l’accordo raggiunto tra la Merkel e Macron sul bilancio unico dell’eurozona. Una scelta storica che Giavazzi, la Reichlin e Zingales hanno sottoposto ad approfondite annotazioni, rinviandole al governo italiano. Siamo sovranisti (il povero Conte, come Arlecchino servo di due padroni, si é definito anche populista) senza capire, lo ha sottolineato opportunamente Panebianco, che i sovranisti non possono essere alleati, perché l’interesse di ciascuno é costruito contro l’interesse degli altri. Basti pensare ai sovranisti di Visegrad che non vogliono cambiare le clausole di Dublino che continuano a danneggiare proprio l’Italia. Panebianco ammonisce anche che la conseguenza del sovranismo é la guerra, come lo é stata quella dei vecchi nazionalismi. Magari non necessariamente combattuta oggi con le armi. Non penso che l’Italia, come avvenuto nel 1940, intenda invadere la Francia e poi spezzare le reni alla Grecia, peraltro coi risultati dei pugni sul tavolo e dell’invasione, questa sì, dell’Ellade…
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