Cento e reddito
Che il governo sia diviso lo si vede dai cartelli. Quelli di Conte e di Di Maio esponevano come congiunti trofei quota cento e reddito di cittadinanza, quello di Salvini solo quota cento. Una dimenticanza? No, una presa di distanza esplicita della Lega dal progetto grillino, tesa a mostrare come quest’ultimo non sia condiviso ma solo accettato da uno dei due partner. Quota cento, tra esclusioni e detrazioni dovute ai contributi mancanti, dubito che possa essere utilizzata da quei trecentomila potenziali beneficiari. Si tratta, in fondo, di una minima revisione della Fornero al pari dell’Ape social e della quota donne. Non certo di un suo smantellamento. Probabile che i 4 milioni e più possano essere utilizzati in altro modo. Se dopo il pianto dell’ex ministra si voleva far ridere i pensionati dubito che quota cento genererà allegria.
Passiamo al reddito di cittadinanza, una proclamata panacea per eliminare la povertà. I miliardi stanziati sono 7,1, ma uno viene destinato alla riforma dei centri per l’impiego oggi inefficaci e in parte inesistenti. I cardini mi paiono questi. I 780 euro di reddito e pensioni di cittadinanza si ricavano dalla somma dei beneficiari del Reddito di inclusione, che stanziava 2miliardi e mezzo che vengono compresi nei 7,1, e il basso reddito percepito, ma con soglie insuperabili di carattere mobiliare e immobiliare, aumentati in caso di figli e moglie a carico. In media l’operazione dovrebbe portare a un esborso per famiglia di circa 400 euro e per singolo di 140 euro. La matematica non é un’opinione. Si tratta tuttavia di un’operazione di una certa consistenza per numero di persone coinvolte e più precisa sul piano delle caratteristiche richieste, ma assai meno cospicua di quella propagandata.
Due semplici obiezioni. Premesso che un reddito per le persone senza lavoro o con un reddito insufficiente per vivere é giusto soprattutto in una società che non si orienta ad aumentare i posti di lavoro, anche se le draconiane previsioni di Casaleggio sono tutt’altro che razionali, non si capisce il motivo per cui il reddito dovrebbe essere mantenuto anche dopo due proposte di lavoro, sia pure a distanza. Perché lo stato dovrebbe sostituirsi a un privato o a un ente pubblico che é in condizione di sgravarlo di un peso economico? Sulle proposte di lavoro mi pare da condividere l’idea che l’azienda che assume venga supportata dal rimanente reddito ottenuto nei 18 mesi, ma le assunzioni in una società di mercato si fanno se c’e un bisogno di manodopera e questo bisogno si crea attraverso una complessiva ripresa dell’economia che il bilancio del governo gialloverde certo non stimola, anzi deprime con la diminuzione degli investimenti.
La seconda obiezione riguarda i tempi. Tutto é proteso a raccogliere frutti alle elezioni europee, e dunque l’elargizione del reddito dovrà avvenire, attraverso la card apposita, entro il mese di aprile. Tutto questo é folle. Non si é detto che saranno i centri per l’impiego la struttura di base di questa operazione? Si pensa di rimetterli in moto attraverso assunzioni e riqualificazioni addirittura in poche settimane? E i centomila navigators che dovrebbero seguire i beneficiari del reddito quando saranno in condizione di operare? E, soprattutto, un’attenta e scrupolosa verifica intrecciata tra Isee, proprietà immobiliari e mobiliari, l’Inps e l’Ufficio entrate, il Catasto, altri enti preposti sarà in grado di essere operativa entro la fine di marzo? Non scherziamo per favore. L’Italia è un paese in cui l’illegalità è sovrana. Fare presto, per motivi elettorali, è il contrario di fare bene. Non vorrei che tra i beneficiari, e potenziali elettori, ci fossero i tanti che hanno portato l’evasione a 160 miliardi. Sarebbe il colmo premiare chi ruba.
Leave your response!