Aquisgrana e… dopo gli italiani
Come é noto (forse) la città di Aquisgrana ha una storia antica. Dal 936, cominciò Ottone I, fino al 1531, sotto Ferdinando I, qui venivano incoronati gli imperatori del Sacro Romano Impero. Non credo che la scelta della città tedesca abbia qualche attinenza col suo glorioso passato. Anche perché, nel nostro caso, ad essere incoronati avrebbero dovuto essere in due in un nuovo Sacro Impero franco-tedesco. Macron e la Merkel hanno incrociato i loro cammini per dare all’Europa un segnale che punta a combattere i sovranismi e i populismi con l’aumento del tasso di integrazione, partendo proprio dai loro due paesi. Il fatto che vi siano propositi di mancata aggressione reciproca può anche far sorridere eppure son passati solo meno di 80 anni da quando la Germania invase, per la terza volta in meno di settant’anni, il territorio francese. Poi la reciprocità in fatto di attacchi a l’un dei due e la proposta che la Germania ottenga un seggio permanente al consiglio dell’Onu anche a nome della Francia e che un ministro di un paese partecipi una volta al mese alle sedute del governo dell’altro.
Poca cosa, sia ben chiaro, rispetto ai propositi che invece paiono più interessanti. E che riguardano la scelta di procedere alla formazione di un esercito europeo e di fissare regole comuni per il commercio. Quel che stona in tutto questo è l’assenza, anzi l’ostilità, dell’Italia, che anziché sedere al tavolo che le compete, come terza nazione europea, non solo per numero di abitanti, si rifugia in un isolamento autolesionistico, flirtando con piccoli e deboli paesi dell’Est, un tempo a regime comunista e oggi dominati da governi di destra. Chi ha deciso che l’Italia assuma questa nuova collocazione? C’é mai stato un dibattito e una risoluzione approvata dal Parlamento? E il ministro degli Esteri Moavero che ne pensa? Perché non prende le distanze e con lui il presidente del Consiglio Conte?
Perché il presidente del Consiglio, alla luce della stupida accusa dei ragazzi a Cinque stelle sul franco africano, non pretende, come gli ha suggerito oggi l’ex presidente Monti, di chiarire che le esternazioni dei due non sono la linea del governo ma quella dei leader dei due partiti? Ovvio che non può farlo visto che la sua poltrona dipende dalla volontà dei suoi vice. Ma cosa ci stanno a fare un ministro degli Esteri e anche un presidente del Consiglio che devono sviluppare e giustificare una politica decisa da altri? Perché non si dimettono? Anche questa ennesima sberla che viene data all’Italia da parte di un autorevole leader di un paese europeo, sulla missione Sophia, dovrebbe far rizzare i capelli oltre che far accendere i radar. La situazione é molto pericolosa, come pericolosa è l’uscita dai campi di accoglienza di centinaia di immigrati che non hanno più diritto, in base alla nuova legge sull’immigrazione, di essere ospitati per motivi umanitari e si trovano per strada. Soli, disperati, pericolosi.
Si dice, lo affermano ogni giorno i nostri governanti, che si intende tutelare innanzi tutto gli italiani e non si capisce che chiudendosi in un recinto e per di più con alleati che in base ai principi del sovranismo pensano solo a loro, si fanno i danni e non gli interessi degli italiani. Con una politica estera come quella attuale gli italiani conteranno assai di meno. Se si preferiscono i vari Orban, Kazcinski, Fico e Zeman, ai rapporti coi nostri partner tradizionali e si rinchiude l’Italia in una pulsione nazionalistica e anti europea, altro che “prima gli italiani”, saremo l’ultimo vagone di Visegrad. Un paese alla deriva.
Come fare a non capire che l’interesse dell’Italia e degli italiani non è la trincea? E proprio oggi che non esiste questione economica, politica, sociale, che non sia globale. Come fare a non capire che é interesse degli italiani, cito due esempi, non concepire l’Italia alla stregua di un’isola. Pensiamo al fenomeno dell’immigrazione, che é di dimensioni storiche e planetarie. Lo si risolve semplicemente chiudendo i porti? Scegliendo la linea dell’immigrazione zero? Infischiandosene di chi finisce in mare? E anche solo respingendo i migranti nei campi libici e restando indifferenti rispetto al loro trattamento? No. Occorre, come si dice, aiutarli, davvero, in casa loro. Ma quando cominciamo e quando saremo in grado di stabilire che gli aiuti hanno prodotto un minimo di benessere? E salutare l’immigrazione solo come un ricordo? Quante decine e decine di anni serviranno a colmare la nostra disattenzione, nazionalistica appunto, cosi poco preveggente, ricordiamo le parole di Craxi a Venezia nel 1990, rispetto all’esplosione del fenomeno?
E che dire delle difficolta in cui l’economia occidentale e ancor più quella europea si trovano, anche a seguito del Wto (trattato del commercio internazionale), nei confronti della Cina. Ma fino a quando il costo di prodotto, e soprattutto del lavoro, cinese resta quello attuale la partita é persa. L’aumento del costo del lavoro, anche attraverso una sindacalizzazione della Cina, é funzionale agli interessi dei paesi europei che dovrebbero impegnarsi a favorirla. Una acquisizione di un paese lontano, anche di civiltà e di democrazia, influisce enormemente sui nostri stessi interessi. Ma il ragionamento rischia di essere troppo complesso per chi ha confuso una moneta, neppure francese, che non si chiama neppure franco e che viene battuta in banche africane, come una tassa e un’occasione di sfruttamento. Da stropicciarsi gli occhi.
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