Renzi e gli altri
C’è una differenza sostanziale tra un vero leader e gli altri, invece solo presunti. Il primo si esalta nei momenti delle difficoltà e riesce a dare il meglio di sé trasformando il dolore, la preoccupazione, l’emotività ferita in energia positiva, reagendo sia col cervello sia con una irrobustita forza di volontà. Ricordo Craxi, nella sua testimonianza al processo Cusani, mostrare una freddezza, una lucidità, perfino un’ironia insospettate. I leader presunti, invece, nei momenti difficili, fuggono, si ritraggono, si nascondono. Scaricano su altri le loro responsabilità, si rifugiano in giorni, mesi, a volte anni, sabbatici.
Renzi mia pare uno della prima risma. Ha i due genitori agli arresti domiciliari e si presenta a Torino, in una sala gremitissima, con gente accalcata fuori, a sfidare il mondo. Dá sberle e querele a Marco Travaglio, canta le lodi di mamma e papà, non le manda a dire anche ai suoi dirigenti, con Martina, Giachetti e Chiamparino, seduti in prima fila (non si é visto Zingaretti). Renzi é un combattente, uno che non si nasconde e proprio in questa situazione di comprensibile imbarazzo mostra i suoi artigli. Qui non si tratta di rottamare nessuno, ma di impedire la rottamazione sua, che in molti all’interno del Pd si augurerebbero.
Come sempre accade nella sceneggiatura dei tramonti, veri o immaginati, di un leader, i primi a distaccarsi sono i più fedeli, quelli che il capo aveva beneficiato di più e, sapendo che non sempre i benefici erano meritati, vanno alla ricerca di un nuovo protettore. Gli amici veri, come dice il proverbio, si vedono nel momento del bisogno. Del bisogno degli altri, non del loro, però. Mi ha colpito l’assenza a Torino di molti di questi, probabilmente già arruolati in diverse compagnie di canto. Renzi tira avanti con un discreto seguito, ancora, di simpatie e di fedeltà. Non parla di un nuovo partito, ma in tanti presenti glielo hanno raccomandato. Forse ai suoi occhi appaiono anche con chiarezza taluni errori compiuti
Qualcuno, il fatto di non essersi dimesso anche da segretario dopo il nefasto esito del suo referendum, lo ha già pubblicamente confessato. A mio giudizio dovrebbe confessarne un secondo. L’elezione di Mattarella, che si sta rivelando un ottimo presidente della Repubblica, in luogo di Giuliano Amato, gli é costata la rottura del patto del Nazzareno con Berlusconi che tanto sarebbe servito nel confronto referendario. Aggiungo quel suo preferire gli amici fidati e magari inesperti alle figure più rodate e competenti anticipando i Cinque stelle nell’assurda elevazione dell’inesperienza a merito e dell’esperienza a difetto. Penso che una sua eventuale ripartenza non potrebbe che riconsiderare gli errori del passato. Nel Pd o in un altro soggetto non saprei, ma tenersi cosi tanto a distanza da un congresso e non prender parte al confronto sulle imminenti elezioni europee non inducono a pensare a una linea di continuità. D’altronde un leader é molto difficile che accetti di ubbidire a chi leader non é….
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