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Una politica seria sull’immigrazione

8 Luglio 2019 623 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Angelo Panebianco sostiene sul Corriere l’inadeguatezza delle due politiche che oggi si fronteggiano sull’immigrazione: quella del pugno di ferro salviniano e quella dell’accoglienza indiscriminata. Se fosse così avrebbe cento ragioni. Per la verità in questi giorni si sono semmai fronteggiate due posizioni diverse e cioè, da un lato, quella che tendeva a salvare vite umane e dall’altro quella che mostrava indifferenza e rifiuto. Tuttavia è vero che il recente braccio di ferro tra il ministro Salvini, sempre più isolato (lo afferma lui stesso) nella compagine governativa, e le imbarcazioni delle Ong non può risolvere altri problemi che non siano quelli, più elementari, relativi a “dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati”, reclamati non solo da sacri testi, ma dalla stessa poetica laica di Fabrizio De Andrè che ha appassionato la mia generazione.

Non si esaurisce così il tema anche se Salvini per ora si é limitato a questo dimenarsi contro chi intende sbarcare in Italia per poi farlo regolarmente sbarcare, come é accaduto sui casi Diciotti, Sea Watch e Mediterranea. Per di più tirandosi addosso un provvedimento giudiziario, bloccato dal Parlamento, mentre colei che era stata da lui condannata, prima di giudizio, come criminale di guerra é stata scagionata dal Gip di Agrigento. Una politica riformista, democratica, solidale sul tema dell’immigrazione deve a mio giudizio poggiare sui alcuni chiari propositi. La salvezza di tutte le vite in pericolo é certo un principio universale fino a che continueranno a partire migranti dalla coste africane. Per evitare che questo accada, o quanto meno per limitare il numero di coloro che partono, occorrono tre condizioni: la normalizzazione della Libia, il controllo delle coste, i patti coi paesi di partenza.

Il governo italiano (ma che fa il ministro degli Esteri Moavero?) pare in tutt’altre faccende affacendato, eppure il primo ministro di Tripoli Serraj ha pubblicamente minacciato l’Europa, e in particolare l’Italia, di evacuare tutti i campi di respingimento e di scaricarci addossi fiumi di migranti. In Libia c’é la guerra, troppi paesi europei hanno fatto finta di niente, alcuni, come la Francia, hanno apertamente appoggiato il regime di Haftar e la sua aggressione. Certo anche i campi di respingimento non ci possono far dormire sonni tranquilli. Alle descrizioni allarmanti, ai paragoni coi lager non possiamo certo fare spallucce.  La differenza che c’è tra un socialista e un reazionario è proprio questa. Un socialista non erige muri alla sua coscienza e quel che accade in tutto il mondo lo riguarda. La campana suona anche per lui. Un reazionario si consola di chiudersi in casa. Non vuole altri problemi al di fuori della sua sicurezza. Le sue orecchie non avvertono alcun rintocco.

Evidente che un pattugliamento delle coste libiche, nonostante un paio di navi offerte dal ministro Trenta, in queste condizioni risulta impossibile, mentre i patti economici coi paesi di partenza che il ministro Minniti aveva iniziato a siglare restano ora lettera morta. Salvini è troppo impegnato a sbraitare per nulla. Senza questi patti praticamente impossibile risulta oltretutto il rimpatrio dei 600mila clandestini che siamo costretti a trattenere e a mantenere. Poi certo occorre una diversa solidarietà tra i paesi europei e una profonda revisione di quel trattato di Dublino che assegna ai soli paesi di arrivo la responsabilità e il mantenimento dei migranti, ma che proprio gli alleati di Salvini, a cominciare da Orban, ritengono intangibile.

Ma il vero problema italiano dell’immigrazione era ed é la sua errata gestione. Tanto errata da far apparire inesatto per difetto il numero dei migranti che sono sul suolo italiano, e che in rapporto alla popolazione non é superiore a quello degli altri paesi europei. E’ evidente che lo scandalo di alcune cooperative che hanno lucrato sulla pelle dei migranti coi soldi dello stato, cosi come il fatto che non si sia dato loro un lavoro socialmente utile oltre che un compenso, l’assurda decisione di concentrarli in ghetti addirittura nelle periferie, già degradate, delle grandi città, abbiano destato proteste e preoccupazioni più che giustificate, creando un’emergenza che non ci doveva essere. Oltre tutto la concentrazione fa a pugni con l’integrazione. E questo vale soprattutto per la popolazione musulmana, con stili di vita, concezioni della famiglia e dei figli che sono opposte rispetto alle nostre e in taluni casi sconfinano oltre le leggi di uno stato democratico. Di tutto questo, però, il governo non si occupa e una parte dell’opposizione, salendo sulle imbarcazioni, finisce per recitare una parte nella stessa rappresentazione salvinista. Che invece va completamente capovolta. Perché non solo profondamente ingiusta, ma alla fine anche improduttiva rispetto ai suoi stessi propositi. Va smontata, come un meccano. Non vedo però, nelle fila dell’opposizione, ingegneri adeguati.

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