Il doppio autogol di Salvini
Intanto non si apre una crisi di governo in agosto. Il rito del generale agosto che vince tutte le guerre era stato sempre rispettato. Non la si apre da una spiaggia e mai che mai dopo un voto del Senato che aveva visto una vittoria leghista sulla mozione dei Cinque stelle a proposito della Tav Torino-Lione. A trarre le conseguenze in questo caso avrebbe semmai dovuto essere Di Maio, che é finito in minoranza e per di più su una questione fondamentale del movimento grillino, dopo avere ceduto già sull’Ilva e sulla Tap, dopo avere seguito come pecorella la politica dei porti chiusi di Salvini, dopo avere consentito, grazie al governo Conte, il raddoppio della percentuale leghista e il dimezzamento della sua.
Tutto é stato ribaltato. Anziché Di Maio, che di andare al voto aveva tanta voglia come l’Inter di tenere Icardi, é stato Salvini, il vincitore, a decretare la fine del governo presentando una mozione di sfiducia, ma senza dimettersi da ministro e ritirare la sua delegazione al governo. Cosi che paradossalmente se la mozione non verrà ritirata (ormai c’é da aspettarsi di tutto) la sfiducia la Lega la dovrà votare anche a se stessa. E’ evidente che Salvini, pur contagiato da una febbricitante euforia elettorale, avrà avuto qualche garanzia che dopo la crisi si sarebbe andati al voto. Più che da Mattarella, il cui ruolo costituzionale é solo quello di accertarsi che non esista una maggioranza parlamentare prima di sciogliere le Camere, dal Pd e in particolare dal suo segretario Zingaretti, che appariva, contrariamente a Renzi, il meno ostile al dialogo coi Cinque stelle.
Salvini non ha considerato la variabile Renzi, che sommando la sua corrente a quella dei comprensibilmente propensi ad incollarsi la poltrona (la lunga storia democristiana, e andreottiana in particolare, é densa di capovolgimenti politici, vero Franceschini?) ha dimostrato di controllare i gruppi parlamentari e ha dettato la nuova linea che dal “senza di me” ha virato sull’hastag opposto e cioè “assieme a me” a proposito dell’intesa coi grillini. Errore grave di previsione quello di Salvini al quale, se Giorgetti e i suoi non lo fermano, ne sta aggiungendo un altro. E cioè quello di riprendere il dialogo coi Cinque stelle arrivando perfino a ipotizzare una presidenza del Consiglio per il suo ex alleato e poi avversario Di Maio, rigettata e rimandata al mittente da quest’ultimo.
Così Salvini, a prescindere da come si chiuderà la crisi, esce pieno di lividi da questa situazione da lui stesso creata. Solo Zingaretti, l’altro sconfitto se un governo Pd-Cinque stelle dovesse prendere piede, potrebbe salvarlo, ammesso che ne abbia ancora la forza e in quest’ultimo caso non credo che Renzi resterebbe con le mani in mano. Un leader politico deve prevedere le conseguenze delle sue mosse. Non può valutarle dopo e assumere decisioni contrastanti con quella iniziale, che sconfinano nel ridicolo. Quando si sbaglia una volta bisogna star fermi altrimenti si corre il rischio di incappare in una catena di errori. Come quando sbagli strada e finisci in un labirinto. Salvini rischia di pagare caro il suo autogol. Come Renzi pagò l’arroganza con la quale amministrò il suo 40%, Salvini ë destinato a pagare quella del suo 34%.
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