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“Prendere o lasciare”, parole e musica di Luigi Di Maio

30 Agosto 2019 611 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Tutto pare improvvisamente tornato in alto mare. Di Maio ha dettato le sue condizioni riassunte in venti punti consegnati al presidente incaricato, poi in conferenza stampa ha scandito un “o si accettano o il governo non nasce e si va al voto”. Un modo piuttosto esplicito quello del capo dei Cinque stelle per tentare di gettare tutto all’aria. Viene subito spontanea una domanda. Di Maio, in questa dichiarazione, rappresentava il suo stato d’animo, frustrato dai veto del Pd alla sua vice presidenza e al Viminale, o esprimeva la posizione del suo movimento? E’ evidente che tra i punti del giovane nocchiero ve ne siano molti di pleonastici: chi non é d’accordo di bloccare l’aumento dell’Iva, chi contesta che debbano essere abbassate le tasse, chi non vorrebbe cambiare il trattato di Dublino, chi non concorda con la difesa dell’ambiente? Ce ne sono però un paio che dovrebbero far raddrizzare i capelli: l’indisponibilità a rivedere i decreti Salvini sulla sicurezza e, la cosa é stata solennemente già più volte ribadita come una premessa indispensabile, l’assenso alla riforma costituzionale che prevede la netta diminuzione del numero dei parlamentari.

Stavolta la reazione del Pd é stata netta. Delrio e Orlando hanno dichiarato che gli ultimatum sono irricevibili e hanno chiesto a Di Maio, il quale ha parlato ancora della possibilità di elezioni a breve, se non abbia cambiato idea sul governo. Personalmente non ho cambiato idea e credo che i socialisti dovrebbero stare, assieme alla Bonino e a Calenda, lontano da questo esecutivo, prospettando un diverso orizzonte per la sinistra democratica e riformista. Comprendo tutte le perplessità e le obiezioni, che almeno per quel che riguarda la nostra piccola comunità mi paiono piuttosto irrilevanti dato che disponiamo di un solo senatore, per quanto preparato e colto qual’é Riccardo Nencini. Certo attendiamo le decisioni di Più Europa, che non saranno ininfluenti rispetto a quelle che i socialisti si apprestano ad assumere nella direzione di martedì prossimo.

Mancano quattro giorni al nostro appuntamento interno, mentre Più Europa ha convocato i suoi organi domani. Il quadro politico potrebbe prospettare clamorose novità e la posizione di Di Maio, peraltro imprevista, già provoca una conseguente e necessaria richiesta di chiarimento da parte del Pd. Se diamo un’occhiata alla situazione essa ci appare tuttora alquanto fluida. Da un lato un movimento Cinque stelle diviso non solo tra chi ritiene politicamente giusto un accordo col Pd e con la sinistra (anche Leu é della partita) e chi lo giudica solo necessario perché intende allontanare il giudizio, prima o poi inevitabile, del corpo elettorale, ma anche tra chi rimpiange il vecchio contratto con la Lega e chi invece è attestato sulla posizione del “mai più con Salvini”. Un bel guazzabuglio, per di più coi leader storici, Di Battista e oggi anche Di Maio, che vedono l’accordo come il fumo negli occhi.

Poi c’è il Pd dentro il quale la componente renziana, che ha dato il la all’accordo coi Cinque stelle, pare venga tenuta (o ha scelto di essere tenuta) fuori dal governo mentre l’ala zingarettiana, che l’accordo lo negava, dovrebbe occupare tutte le principali poltrone. Una contraddizione aristotelica, cioè logica, cioè politica se la politica ha ancora un senso razionale. E certo ci sono non pochi pidini che guardano all’intesa con diffidenza, con sospetto. E Leu che ritene invece il nuovo governo alla stregua di una riedizione in salsa italiana dell’unione de la gauche. Sanità pubblica, scuola pubblica, acqua pubblica, siamo d’accordo anche noi con questo revival neostatalista? Certo l’Europa gradisce o finge di gradire un governo amico e questo potrà pesare. Non so cosa c’entri Leu con Ursula von der Leyen. Ma ormai tutto fa brodo. E noi che siamo ancora vivi per miracolo abbiamo bisogno adesso di un confronto sereno e possibilmente solidale di opinioni, senza scomuniche. E magari ascoltandoci reciprocamente. Da amici e compagni. Perché, anche alla luce di quel che accadrà nelle prossime ore e nei prossimi giorni, saremo di fronte a decisioni che influiranno sul nostro destino di italiani, di riformisti, e anche di socialisti.

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