E adesso finanziamo la scissione di Livorno?
Discutibile, molto discutibile l’emendamento sottoscritto da esponenti del Pd (Verducci) e di Leu (Errani) per stanziare 400mila euro di soldi pubblici in occasione del centenario della scissione di Livorno che diede vita al Pcdi. A me pare, questo, avvenimento da ricordare come un tragico errore politico, come ebbe il coraggio di dichiarare pubblicamente Umberto Terracini, uno dei comunisti che quella scissione fece. Qui si intende invece celebrare quell’episodio come origine al Pci, del quale molti, oggi diventati democratici, sono stati parte. E allora ricordiamo alcune cose. La prima é che nessun finanziamento pubblico é stato richiesto nel 1992 per celebrare la nascita del primo partito dei lavoratori che avvenne il giorno di Ferragosto di cento anni prima, e che l’anno dopo a Reggio Emilia assunse il nome di socialista.
Non ricordo che finanziamenti statali siano stati chiesti per celebrare altri e più propizi avvenimenti, quali la fondazione del Psli a gennaio del 1947, quando Giuseppe Saragat ebbe il coraggio di rompere il rapporto unitario che legava Psi e Pci, allora entrambi filosovietici, né che sia stato accordato un finanziamento per il centenario della nascita del Partito popolare con l’appello ai liberi e forti di don Sturzo. Già questa anomalia stona. Ma ancor di più mi stupisce se la nascita del Pcdi viene salutata come episodio positivo. La scissione di Livorno in realtà non fu la scissione dei comunisti dai socialisti. Fu la separazione dei comunisti cosidetti puri, che aderivano integralmente ai dettami dei ventuno punti di Mosca, dai comunisti unitari di Serrati che respingevano due punti: la cacciata dei riformisti dal partito e il cambio del nome da socialista a comunista.
Terracini che con Gramsci, Bordiga e quel Bombacci che si convinse poi che il vero comunista era Mussolini e redasse il programma della Repubblica sociale e che era stato uno dei protagonisti della scissione, non solo la giudicò un grave errore ma dichiarò, eravamo nel 1981, che nel 1921 aveva ragione Turati. E il grande leader riformista sosteneva allora (mirabile il suo discorso “Rifare l’Italia” dell’anno prima pronunciato in Parlamento) che per sbarrare le porte al fascismo serviva un’ampia alleanza democratica e non il supporto del bolscevismo e la minaccia della rivoluzione violenta. Tutto questo é chiaro ormai agli storici, ma non é ancora chiaro ad alcuni esponenti della sinistra italiana.
E questo é il punto. La sinistra italiana, grazie all’azione sbilenca di Mani pulite, ha ribaltato le ragioni e i torti della storia. Cancellando di fatto la tradizione riformista di Turati, Nenni, Saragat e Craxi, interpreta la storia come se Gramsci fosse il pioniere della sinistra riformista e dell’attuale Pd. Un controsenso. Un abbaglio. Una deformazione. Gramsci é stato il più intransigente antiriformista e basta leggere le pagine dell’Ordine nuovo del 1920 per accorgersi del suo astio contro Prampolini e i riformisti padani. E per accorgersi dell’antiriformismo del Pcdi basta leggersi l’articolo su “Lo stato operaio” di Togliatti nel 1932 in occasione della morte di Turati, impregnato di disprezzo. Se si intende recuperare tutta la storia del Pci come si diceva un tempo con lo slogan “Gramsci, Togliatti, Berlinguer” l’operazione è subdola. Si passa dal bolscevismo allo stalinismo alla terza via, senza mai giungere al socialismo democratico. Siamo ancora lì. Per non acquisire il nome di socialisti che avrebbe comportato il riconoscimento delle ragioni altrui, taluni (e non sono pochi) preferiscono conciliare l’inconciliabile, riconoscersi in un partito vagamente democratico e vantarsi di un evento voluto da Mosca che indebolì la sinistra italiana e la condusse allo sfacelo di fronte al fascismo. No, cari amici e forse non più compagni, anziché festeggiare un evento dannoso e negativo e per di più coi soldi pubblici, chiedete che si finanzi un bel dibattito sulle ragioni di Filippo Turati. Questo sì sarebbe invero urgente e positivo. Noi certo lo faremo mettendo in campo un’iniziativa adeguata.
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