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Il cow boy Trump

5 Gennaio 2020 729 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Soleimani non era certo uno stinco di santo. Era il capo delle guardie della rivoluzione iraniana. Flirtava con gli ezbollah, amava la guerra e non si capisce cosa ci facesse a Bagdad. Ma era anche l’uomo che aveva pilotato, con l’aiuto dei curdi e degli stessi americani, l’offensiva contro lo stato islamico. Era stato, prima, appoggiato dagli Usa contro i talebani in Afghanistan. Non é la prima volta che gli Usa cambiano opinione sui tiranni o i loro esecutori, vedasi il caso di Saddam, appoggiato e finanziato ai tempi della guerra con l’Iraq, o dei mercenari dell’Isis che Illary Clinton ammise furono di fatto creati dagli americani contro Assad.

Quello che stupisce è questa improvvisa decisione di eliminare il numero due dello stato iraniano (il drone utilizzato ha polverizzato dieci persone), di fatto anche più potente dello stesso presidente Ruhani, e che si vociferava potesse candidarsi alla presidenza alle prossime elezioni, senza consultare il Parlamento e con l’opposizione dei democratici. Una scelta avventata e incomprensibile, di fatto una dichiarazione di guerra a un altro paese, se questa non viene messa in relazione con l’impeachement di Trump che doveva essere discusso proprio oggi. Lo speaker del Congresso Nancy Pelosi ha avuto parole di forte biasimo e cosi pure tutti i leader democratici americani a cominciare da Biden.

L’Iran ha annunciato reazioni violente e parlato di vendetta, dichiarando che gli Usa dovranno preparare molte bare. Sul fronte estero solo Israele per ora ha sostenuto l’azione, mentre il segretario delle Nazioni unite Guterres ha dichiarato che un’altra guerra del Golfo sarebbe insostenibile. Nulla da aggiungere se non il fatto che in quella circostanza fu l’Onu ad intervenire contro un paese, l’Iraq, che ne aveva invaso un altro, il Kuwait. E anche dopo l’11 settembre l’azione in Afghanistan venne concertata con gli altri paesi della Nato e rinviata di mesi. Perfino la seconda guerra contro l’Iraq venne preparata e concertata con altre nazioni. Stavolta il cow boy Trump, scordandosi delle lezioni dei suoi predecessori, ha deciso tutto da solo.

Ho la vaga impressione che non se la passerà per niente bene. Il suo pare un gesto disperato di un capo nazione che teme di avere la terra sotto i piedi che sta franando, soprattutto alla luce di una probabile ripresa di un terrorismo dal nuovo volto. Non solo quello dell’Isis che pare oggi autrice di un nuovo orribile attentato in Francia, ma anche di settori del mondo sciita che finora l’avevano combattuto. Mentre la Libia é ancora in preda a una guerra senza fine e la Siria pare ne sia appena uscita, adesso tutta la regione mediorientale rischia di esplodere. Trump rischia di compiere il capolavoro di unire sunniti e sciiti. E questo senza che l’Europa muova un dito e in particolare l’Italia che, e ne provo vergogna, si trincera dietro un velo di ipocrita silenzio. Come non rimpiangere la stagione di Sigonella quando l’Italia aveva una grande politica estera nel mediterraneo ed era un grande paese e non era una nazione governata da inetti dilettanti a cui il popolo italiano ha destinato i suoi consensi.

Solo Salvini, per ora, ha appoggiato acriticamente l’azione sconsiderata di Trump le cui conseguenze si annunciano ben più deleterie per l’Occidente di quelle già compiute da Soleimani. La Russia per ora tace ma é probabile che, dati i rapporti esistenti con Siria ed Iran, si esponga. E prenda ufficialmente le distanze. E se così fosse questa esecuzione potrebbe portarsi dietro anche un nuovo braccio di ferro tra Trump e Putin, fino a poco fa non certo nemici. Trump, si dice, abbia dato retta ai falchi, ma se le cose hanno un senso, anche se in questo caso é difficile trovarlo, allora i suoi nemici in patria potranno ulteriormente orientarsi sull’impeachement puntando sul possibile tremendo impatto di una decisione così avventata.

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