Il caso Tobagi
Luigi Covatta, da un anno deputato eletto nel mio collegio, nel maggio del 1980 stava avvicinandosi al podio per un comizio, accompagnato dal sottoscritto, all’epoca giovane segretario del Psi di Reggio Emilia, quando venne raggiunto da una notizia che lo fece sbiancare. Il suo amico Walter Tobagi, giornalista del Corriere della sera e prima all’Avanti, era stato barbaramente assassinato da un commando terrorista rosso. Tobagi, come Covatta e Acquaviva, era un socialista cristiano. Un delitto politico non era notizia originale in quegli anni. Le Bierre e le altre sigle dell’estrema sinistra continuavano ad ammazzare magistrati, uomini politici, giornalisti in un crescendo impressionante. La linea della fermezza, che sacrificò nella primavera di due anni prima il presidente della Dc Aldo Moro, non era servita a nulla. Anzi, tra il 1979 e il 1980 si assistette a una vera e propria escalation di delitti mirati. Tra il gennaio del 1979 e l’aprile del 1980 i brigatisti e sodali vari ammazzarono, tra gli altri, l’operaio Guido Rossa, il giudice Emilio Alessandrini, l’avvocato Dc Italo Schettini, a maggio assaltarono la sede romana della Dc uccidendo due agenti, poco dopo fu assassinato a Milano l’avvocato Giorgio Ambrosoli, pochi giorni prima del delitto del colonnello Antonio Varisco, poi si consumò l’omicidio del direttore della Fiat Carlo Ghiglieno, a novembre un commando di dieci bierre uccise il maresciallo Domenico Taverna. A gennaio del 1980 un triplice agguato brigatista a Genova, a Milano e a Venezia provoca sette morti, a febbraio viene ammazzato il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura Vittorio Bachelet e a Roma si verificano altri due omicidi. A Genova le truppe di Dalla Chiesa irrompono in un covo brigatista e quattro terroristi perdono la vita e pochi giorni prima del delitto Tobagi a Venezia e a Napoli si erano verificati altri due delitti ad opera dei terroristi rossi. Walter Tobagi sapeva di correre rischi. Aveva indagato a fondo sul fenomeno brigatista anche nelle fabbriche e l’Unità l’aveva addirittura definito “corvo della conservazione”. Prima aveva scritto una storia del movimento studentesco e dei marxisti leninisti in Italia. La sua idea era quella dell’esistenza di un filone di continuità tra i proclami rivoluzionari dell’estremismo da salotto, i cattivi maestri, e la pratica della violenza che stava inondando l’Italia. Anche per questo aveva duramente contestato certe tendenze emerse nel sindacato dei giornalisti che era egemonizzato dagli estremisti. La sera prima di essere ucciso era stato duramente contestato nel corso di un dibattito al Circolo della stampa sul caso Isman, il giornalista del Messaggero che aveva pubblicato i verbali di Patrizio Peci, il primo pentito brigatista, cui verrà assassinato il fratello dopo un processo macabro da tribunale speciale. Tobagi venne accusato di essere “un craxiano”. Di quel sindacato Tobagi fu messo sul banco degli imputati per avere rotto l’unità. Il giorno dopo Walter fu assassinato con ripetuti colpi di rivoltella da un commando di ragazzi capeggiato da Marco Barbone. Barbone nel 1983, dopo il suo pentimento (il suo era una sorta di battesimo del sangue per essere ammesso nelle Bierre), fu condannato a otto anni e nove mesi e subito scarcerato. Giustizia non é stata fatta. E i mandanti, i protettori, gli ispiratori? Nel corso del processo emersero messaggi e documenti che secondo il magistrato Beria d’Argentine non potevano essere stati scritti da Barbone. Nonostante l’impegno del Psi perché venisse fatta piena chiarezza nessuno ha voluto o potuto far luce. Che il delitto Tobagi sia maturato in un clima torbido di complicità, di responsabilità, di omissioni é una certezza. In molti hanno preferito guardare da un’altra parte.
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