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Bettini e Bettino

6 Settembre 2020 944 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

S’avanza alla festa socialista di Napoli alla stregua di un anziano predicatore, con abiti che lo accomunano a un profeta indiano, un Mahatma più rotondo, e con un messaggio che sconfina a volte nel misticismo. Si chiama Goffredo, come il guerriero della prima crociata. Ma é armato solo di buona cultura e di passione autentica per disegnare progetti e strategie, del suo partito, ma anche degli altri. Predica a sinistra ma anche al centro e, se glielo chiedessero, perché no, qualche omelia la terrebbe anche ai partiti di destra. Una sorta di grande vecchio del sistema politico italiano si sforza di consigliare anche chi di consigli non ne vuole sapere. A tutti affida un compito, a tutti si rivolge senza arroganza, ma con l’arte fine di chi lavora dietro le quinte, con la tattica del primo De Andrè. Mai una volta in televisione e i suoi long play in testa alle hit parades. Questo suo rifuggire dai primi piani finisce per attribuirgli anche una malcelata immagine di potenza occulta. Il predicatore si chiama anche Bettini e il suo cognome é troppo simile a un nome al quale intende rivolgersi. Compie un’analisi spietata anche sugli errori del Pci e dello stesso Berlinguer che, a suo giudizio, considerava il compromesso storico degli anni settanta non una necessità contingente, ma una suprema strategia comunicando di fatto al Psi che non sarebbe mai stato determinante. Poi, il passaggio all’alternativa democratica altro non fu, per Bettini, che una politica di difesa dopo che la Dc aveva negato ai comunisti l’accesso al governo. Ma i due affondo più rilevanti, imprevisti, e come sempre eclatanti (in Bettini la ricerca dell’applauso é a volte più inseguita del ragionamento freddo) sta in due ammissioni. La prima si collega al riconoscimento che a Grosseto, alcuni anni orsono, in occasione della festa socialista, aveva lanciato a una platea numerosa e plaudente di socialisti, con quel “voi avete vinto nella storia”, che aveva destato sorpresa ed entusiasmo insieme. A Napoli é andato più in là riconoscendo che il Pd ha bisogno della storia socialista per essere coerente, visto che il passato di quel partito, comunista e democristiano, fa a pugni con la sua collocazione presente di partito del socialismo europeo. E proprio in questo enorme vulnus i socialisti italiani continuano a inserirsi per motivare la loro ragione a resistere come forza autonoma. Ovvio che si tratta di una valutazione bettiniana che non sappiamo se condivisa dal vertice del suo partito. Abbiamo invece la netta sensazione che non sarà per nulla condivisa la seconda novità del messaggio di Bettini, questa sì financo sconvolgente, anche se abbiamo davvero fede nelle sue capacità divinatorie. Riprendiamo le parole di Goffredo, il predicatore invisibile: “Quando Craxi, nel 1993 fece una chiamata di correo in Parlamento a tutti gli altri partiti, il Pds rimase muto. Avrebbe dovuto dire che anche i comunisti avevano compiuto il reato di finanziamento illecito, visto che negli appalti erano riusciti ad assicurare alle cooperative il 30% dei lavori”. Ora, pensate se Massimo D’Alema, in quel contesto feroce accusatore di Craxi, si fosse trasformato in esponente di quel che Cossiga chiamava la Grande confessione e prendendo la parola alla Camera avesse dichiarato: “Compagno Craxi, hai ragione, tutti i partiti si finanziavano irregolarmente e illegalmente, e anche il Pci prendeva soldi in nero dalla cooperative e anche da qualche privato, vedi Enimont, e fino al 1977 si serviva di rubli che, come ha scritto il compagno Gianni Cervetti nel suo libro, “L’oro di Mosca”, sono arrivati nelle casse del Pci fino al 1977 e in quelle della corrente di Armando Cossutta anche dopo”.  Il corso degli eventi avrebbe preso una piega diversa. Forse si sarebbe potuto ragionare di una legge di depenalizzazione del finanziamento illecito come quella approvata paradossalmente, e nell’ignavia degli altri partiti, proprio nel 1989, mentre il comunismo stava saltando in tutta Europa, legge che salvò il Pci proprio sui rubli di Mosca. O forse, chi lo sa, anche il Pci e i suoi dirigenti sarebbero stati travolti dalla rivoluzione giudiziaria alla quale sarebbe mancato però uno dei supporti politici più rilevanti. Certo post comunisti e socialisti non si sarebbero trasformati in accusatori e colpevoli. Gli uni trasformati in cigni e gli altri in brutti anatroccoli. Resta, dopo questa singolare e nuova ammissione, una certa amarezza unita a una soddisfazione. Sia ben chiaro, il Psi entrò in crisi prima dell’esplosione di Tangentopoli e il risultato elettorale del 1992 segnalava l’involuzione di un’onda lunga che già s’era infranta nei mari verdi del nord. Ha fatto bene Enzo Maraio a ricordare che anche i socialisti e lo stesso Craxi hanno compiuto errori. Però, parto dalla soddisfazione, questa ragione data da Bettini a Bettino non può che riempirci di orgoglio. Se Craxi aveva ragione e D’Alema e Occhetto torto allora si dovrebbe rileggere tutta la storia di questa fase, ormai quasi trentennale. E qui emerge anche l’inevitabile amarezza per le tante ragioni postume dei comunisti che generalmente scattano dopo un ventennio, quelli di Nenni sull’Ungheria e il centro-sinistra negli anni ottanta, quelli sul referendum attorno alla scala mobile negli anni novanta, mentre su Tangentopoli e le responsabilità del Pci sfiorano il trentennio, anche se le tante e perduranti ostilità a intestare qualche strada a Bettino Craxi o le manifestazioni di contestazione al coraggioso sindaco pidino di Pesaro Ricci, vanno in senso decisamente contrario. Quello che fa rabbia é che le ammissioni postume non cambiano il corso della storia politica. Non influiscono se non sull’eventuale lettura degli avvenimenti passati e raramente incidono sulla politica del presente. Possono però dare morale e ragione ai tanti socialisti che continuano a impegnarsi, a partire da queste elezioni regionali e dal no al referendum sul taglio dei parlamentari, perché un partito che non si é mai arreso possa individuare un futuro. Anche specchiandosi nella sua storia.

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