Prendi questa mano Zingaretti…
Nella sua relazione alla Direzione del Pd il segretario Nicola Zingaretti ha formalmente riconosciuto che le ragioni del no sono “perfettamente legittime e segnalano problemi reali”, che il taglio dei parlamentari produce solo risparmi irrisori, che l’eventuale vittoria del No non partorirebbe alcuna crisi di governo. E allora? Allora si rifugia inspiegabilmente nel Si e per il segretario del Pd, che si improvvisa nelle vesti della zingara, il voto favorevole può aprire scenari nuovi. Si potrebbe approvare una nuova legge elettorale (ma perché, se prevalesse il no non sarebbe possibile?), si potrebbero modificare i regolamenti parlamentari e magari anche le competenze di Camera e Senato. Dove intravveda Zingaretti, se non dalla lettura della sua mano, il profilarsi di questi azzurri orizzonti non é dato sapere. D’altronde un partito che dalla opposizione a una legge si trasforma, dopo aver votato contro in occasione delle prime tre letture, in suo convinto sostenitore alla quarta, non può attendere altro che auspici, speranze, auguri. Il motivo del Sì attiene in verità al baratto: taglio dei parlamentari-nascita del Conte due. Il tutto per evitare l’avvento del lupo Salvini. Mai nella storia del Parlamento un governo era nato sulla base di un cedimento così clamoroso, per di più non su una legge ordinaria, ma su una riforma della Costituzione. Il voltafaccia in cambio di un governo per di più presieduto, anche in questo caso il Pd ha ceduto, dallo stesso presidente del precedente governo grillino-leghista, é invero un capovolgimento degno del trasformismo stile Agostino Depretis. Ma restiamo ai fatti. Se in occasione del voltafaccia e del passaggio dall’opposizione alla legge (basterebbe rileggere gli interventi dei parlamentari del Pd per contrapporre alle odierne valutazioni del segretario del Pd quelle precedenti dei suoi stessi compagni e amici), lo stesso Zingaretti aveva posto, come condizione, l’approvazione di una nuova legge elettorale adesso sappiamo che anche questa é saltata e il suo Sì sarà condizionato solo dal fumo delle promesse. Che peraltro non sono minimamente garantite da un briciolo di credibilità. In Parlamento sappiamo che il ritorno al proporzionale con sbarramento al 5% non é oggi minimamente gradito a Italia Viva, oltre a tutta l’opposizione, che ritiene la nuova legge elettorale solo un tentativo di impedire la vittoria del centro-destra. Ma Zingaretti si accontenta. Anche dopo il mancato riscontro dell’appello a comporre alleanze Cinque stelle-Pd alle regionali, appello al quale i Cinque stella hanno risposto, tranne in Liguria, con una sfrontata pernacchia, Zingaretti continua ad avere fiducia. Quando iniziò a prendere forma questa alleanza, benedetta da Renzi, tra Pd e Cinque stelle, si vaticinò che grazie alla contaminazione i Cinque stelle sarebbero divenuti gradualmente un movimento vicino alla sinistra riformista e addirittura si immaginò una strategia congiunta per battere la destra. Scommessa clamorosamente perduta, e anche a seguito della inspiegabile opposizione a utilizzare i fondi del Mes, che farebbero risparmiare all’Italia quasi dieci volte di più della legge sottoposta a referendum, é oggi evidente che stia proprio avvenendo il contrario. E’ il Pd che sta arretrando verso il sostegno, convinto e più spesso accusando forti mal di stomaco, verso il populismo del Cinque stelle. Ma Zingaretti rimanda al domani quello che non può ottenere oggi. E senza troppa convinzione finge di dare per scontato che quello che non lo é oggi lo sarà domani. Il lupo Salvini, oggi travestito da Meloncetto nero, osserva e si lecca i baffi. E dai e dai prima o poi, lì si arriverà a forza di arretramenti sull’economia e sulla democrazia. A forza di cedere su tutto. A forza di non difendere nemmeno i principi costituzionali dall’attacco dell’antipolitica e dal forbicione di Di Maio. E continuando ad accontentarsi degli auspici divinatori della zingara Zing
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