Epoca di rimpianti…
Joe Biden, 77 anni, sfida Donald Trump, 74, e da questa sfida dipenderà non solo la politica degli Stati uniti ma, almeno in parte, la sorte del mondo. Due ultrasettantenni si disputeranno, in un match che si preannuncia più incerto del previsto, una fetta decisiva del potere dell’intero pianeta, anche se la Cina sta sempre più acquisendo spazio grazie al Covid, da lei stessa prodotto e che vede il mondo intero in preoccupata recessione e Pechino in netto recupero. Già oggi con un più due del Pil e una previsione, l’anno prossimo, di un più 8%. Parliamo di Pechino, con alla sua guida il più giovane 67enne Xi Jinping. La regina d’Inghilterra ha ormai superato le 94 primavere e resta un saldo punto di riferimento per il suo popolo, mentre Sergio Mattarella, presidente della Repubblica italiana, che più d’uno vorrebbe rieleggere, di anni ne ha 79 e Berlusconi, che il centro-destra proporrebbe al suo posto, solo 84. In molti chiedono la discesa in campo per guidare il governo di Mario Draghi, anni 74, se non ora, almeno per il futuro, mentre Papa Francesco, che con la sua enciclica Fratelli tutti, é divenuto il nuovo simbolo di coloro che proclamano i principi di eguaglianza nel mondo, di anni ne ha 84. La gerontocrazia al potere? Aggiungiamoci che nel calcio italiano la differenza la sta facendo un giocatore quasi quarantenne e la domanda diventa d’obbligo. E’ tutto un caso? Perché vecchio é diventato bello? O migliore. E questo dopo che per anni la politica ha decantato i poteri taumaturgici del nuovo? Dopo che per almeno vent’anni si é cercato di gettar via il passato per inaugurare nuove stagioni mai iniziate? Questo é vero soprattutto da noi. In Italia si é parlato e si continua a parlare di seconda, poi di terza e adesso anche di quarta repubblica, senza avere mai saputo o voluto superare la prima. Senza aver mai proceduto a una seria riforma costituzionale ed enumerando le repubbliche come le uova nel paniere. Viviamo in un’epoca nella quale non sono state formate classi dirigenti all’altezza? Ma di chi era il compito di formarle se tutto ciò che era ritenuto vecchio era valutato definitivamente finito se non fallito? A mio avviso la riscoperta del passato é originata da una forma di rimpianto che oggi come non mai, anche alle prese con una imprevedibile e pandemica epidemia come siamo, sta prendendo ovunque forma. Un rimpianto per un’età felice che non ritornerà. E la sensazione che questa previsione sia esatta misura la nostra angoscia del presente. Questo ci porta ovunque ad aver più fiducia degli anziani, perché loro in quell’età felice erano protagonisti e magari potrebbero essere i più adatti per resuscitarla. E questa nostalgia si somma a un bisogno di protezione e di rassicurazione più garantita tra le braccia di un padre e ancor di più di un nonno che non di un fratello. Cosi ritorna il culto del passato che negli anni novanta s’era deciso di seppellire. D’altronde la caduta del Muro non aveva segnato se non la fine della storia, almeno la fine di una storia? E cosi in Italia si arriva a riscoprire Craxi ma anche Andreotti, in Francia De Gaulle, nel Regno unito Churcill, e si moltiplicano i film per sottolinearne i meriti, mentre in Germania e in Russia la riscoperta si spinge, a volte e purtroppo, anche più indietro. Il rimpianto non ha confini e nelle arti pare generalizzato. Nella pittura si riscopre la figura dopo i decenni dell’astrattismo, del cubismo, e nella musica si rilancia la tonalità, dopo il secolo della dodecafonia e della musica elettronica e perfino gestuale, mentre nell’architettura prende forma un nuovo archetipo classicista, dopo anni di provocazioni moderniste. Dopo la ricerca delle sperimentazioni, delle novità, dei dolci e piacevoli salti nel vuoto, oggi abbiamo bisogno di radici. E di sicurezza. Torniamo indietro per diventare ottimisti. E’ una medicina convincente. La stiamo usando inconsapevolmente.
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