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Conte e un Grillo per la testa…

26 Giugno 2021 333 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo
Non so cosa avesse pensato del movimento Cinque stelle l’ex presidente binario Conte quando ha accolto volentieri l’invito di capeggiarlo. Pensava forse a qualche organizzazione politica più o meno tradizionale che, alla luce dei suoi programmi, era stata premiata dall’elettorato fino a raggiungere, nel 2018, addirittura la prima posizione tra le liste presentate?

Credeva che Beppe Grillo fosse un personaggio che rendeva disponibile la sua leadership e non il padrone assoluto, altro che garante, nonché signore e creatore del suo soggetto, la sua fonte originaria e battesimale? Possibile che un presidente del Consiglio che conosce a menadito le regole andreottiane della politica, superando il suo maestro nella velocità di un cambio di alleanze quale non s’era mai vista, abbia abboccato all’amo con tanta ingenuità? E oggi si trovi ancora sull’uscio della casa promessa senza la chiave per aprirla? Ha mai ritenuto Conte che i Cinque stelle, in primis definiti grillini, siano seguaci della religione di un guru che aveva scudisciato tutti con un clamoroso Vaffa, li aveva irrisi e bastonati, come quando, in un comizio tenuto dinnanzi a Montecitorio, aveva preteso la resa dei parlamentari e il loro ricovero in casa di cura? Certo Conte avrà fatto un calcolo: i Cinque stelle saranno pur cambiati in questi tre anni, visto che sono i soli ad esser stati capaci di governare con tutti gli altri, escluso la Meloni… Avranno mutato pelle e dunque sapranno anche cambiare lo statuto. Cos’é mai questo supervisore, nelle vesti di garante che annullerebbe i suoi poteri di capo del movimento, dev’essersi detto. Ma Grillo, maestro di Vaffa, gliene ha subito dedicato uno: “Sono un garante, non sono un coglione.”. Che potrebbe significare che non può essere trattato da coglione, ma anche che tra loro due il coglione non è lui. Ma come ë possibile mettere in discussione Grillo in un movimento che a lui deve nascita, sviluppo e successo e a lui é legato da un cordone ombelicale che non si può rompere senza gettare all’aria anche il partorito? Adesso siamo alle torte in faccia, con Di Maio che cerca di mediare e forse pensa che tra i due litiganti il terzo gode. Chi non gode per niente é il Pd, preoccupato per le sorti di un movimento che aveva ritenuto alleato fondamentale, o addirittura strutturale. A Letta non gliene va bene una. Dal voto ai sedicenni, allo ius soli, dalla tassa di successione alla legge Zan, tutto pare abbia preso una piega diversa. Potrebbe parafrasare Conte e confessare a se stesso: “Sono un segretario e non sono un coglione”. Questo é certo. Eppure…

 

 

 

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