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La condanna di Bobo

15 Settembre 2021 297 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Vittorio (Bobo) Craxi non é solo figlio di Bettino, ma da tre decenni é un dirigente socialista, eletto nel 1990 consigliere comunale a Milano, e poi, dopo la fine del Psi, candidato dal nuovo Psi, in alleanza con la Casa delle libertà nel 2001, al collegio uninominale di Trapani ed eletto deputato. Animatore, assieme a Saverio Zavettieri, di una lista chiamata i Socialisti, ed aderente al centro-sinistra, nel 2006 é stato nominato da Romano Prodi sottosegretario al Ministero degli esteri. Adesso ha accettato di capeggiare la lista del Psi di Roma presentata in appoggio alla candidatura di Gualtieri. A prescindere dal consenso o meno per le sue scelte passate e presenti, pesa su di lui come un’assoluzione o più spesso una condanna il più illustre cognome. Anzi Bobo viene soprattutto giudicato nel bene o nel male utilizzando il paragone col suo più fausto genitore, infausto invero fu il suo finale di vita, che pure si elevò a leader nazionale ed internazionale. E che oggi viene da più parti rivalutato dopo la condanna senza appello che gli venne inflitta non solo da una magistratura strabica, ma da quasi tutti i partiti di allora, compreso il nostro. Quella di Bobo pare una condanna a vita, quella di essere valutato, nel modo in cui parla, in rapporto all’oratoria del padre e nelle cose che sostiene un suo più o meno coerente successore. Quasi mai come Bobo Craxi, dunque, ma come Bobo, figlio di Craxi. Deve essere una bella sofferenza. Taluni, oggi é particolarmente di moda, lo ingiuriano perché il padre non avrebbe condiviso la sua scelta di presentarsi capolista del Psi a Roma, sentendosi evidentemente in grado di conoscere la volontà dei defunti. Qualcuno che si definisce, con un grado di arroganza financo inimmaginabile, “vero socialista”, attribuisce a chi non la pensa come lui la patente di falsario. Qualcun altro asserisce che il figlio di Craxi non può stare dalla parte dei suoi carnefici. A prescindere dal fatto che Bobo da questa parte é collocato da quindici anni, chi ha scelto di stare dalla parte di chi sventolava cappi e puntava alla caccia al cinghialone o di chi aggrediva Ugo Intini e circondava via del Corso è convinto davvero di stare dalla sola parte giusta? Ho vissuto momenti di forte dissenso nei confronti di talune scelte di Bobo. Mi dicono che Calenda abbia rifiutato di comporre una coalizione con liste di partito e che questo giustifichi la scelta conseguente che i socialisti romani hanno dovuto adottare. Ne prendo atto. Sarebbe stata quella di Calenda una scelta più consona per tutti. Da parvenu della politica il buon Carlo si sente evidentemente più forte da solo. E noi non potevamo che prenderne atto. Resta la possibilità, in un soggetto democratico o anche in una presunta area socialista, di dissentire. Ma offendere, aggredire, invocare lo spettro e la maledizione di un padre, non é atteggiamento da socialista. Appartiene invece ai più grigi periodi della Inquisizione e del terrorismo staliniano. Mettere contro un padre, defunto 21 anni orsono, a un figlio che quel padre ha sempre difeso, e confondere le due persone, come se l’azione dell’una dovesse svolgersi nell’esclusiva memoria dell’altra, é un modo di svilire e violentare la libertà politica di un uomo e costringerla nel soffocante recinto di una memoria spesso distorta.

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