Un Silvio non fa Primavera
Non basta Forza Italia, non bastano le assicurazioni europeiste di Berlusconi, non basta il moderato Giorgetti. Salvini e la Meloni parlano un altro linguaggio, che ci porterebbe fuori dalla cerchia dei grandi paesi europei. Salvini si precipita a Pistoia dal premier destrorso e negazionista brasiliano Bolsonaro, una sorta di aspirante Peron senza averne i titoli.
Non é un incontro istituzionale, Salvini non é ministro. Non é la prima volta che i due si incontrano e si apprezzano, ma anche questo episodio pare retrocedere la Lega al livello di quel movimento di estrema destra dall’impressione del quale pareva che, entrando a far parte del governo Draghi, lo stesso Salvini intendesse liberarsi. Un partito amico di Trump, di Putin, di Bolsonaro e di Orban, può tranquillamente rappresentare la democrazia italiana e la sua storica ambizione europeista? Non a caso lo stesso Giorgetti aveva ipotizzato lo sganciamento del gruppo del Parlamento europeo da quello lepenista e l’adesione al gruppo popolare. Sto volutamente esagerando il clamore di questo improvviso embrasson nous, perché un chiarimento sulla politica internazionale e sull’integrazione europea risulta necessario. Altro che fare il tifo per una Polonia che stracciando la sostanza del conclamato diritto europeo ritiene che ogni paese debba far di testa sua anche sui diritti civili (Orban docet). Mi ha molto impressionato anche la partecipazione della Meloni al congresso di Vox. L’organizzazione dell’estrema destra spagnola, e le ovazioni riservatele dall’assemblea, mi paiono un sintomo di una preoccupante visione comune. Vox é un movimento che recentemente é entrato nel parlamento spagnolo, che considera il Partito popolare troppo vicino ai socialisti e troppo lontano dal franchismo, che si professa anti immigrazione, anti aborto e anti matrimonio gay. Si dice cristiano ma é tutto il contrario del cristianesimo e di quel che sostiene Papa Francesco. Sovranista e populista Vox é una Forza nuova in doppiopetto. Che bisogno aveva la Meloni di accreditarlo? Con due scelte così nette quale può essere il futuro di un centro destra a trazione Meloni e Salvini? E con un Berlusconi pericolosamente prigioniero di una suggestione quirinalizia? Ma soprattutto, nella malaugurata ipotesi che i due più il mezzo vincano le elezioni quale sarà il futuro dell’Italia? Per evitarlo il Pd ha due pedine da muovere. La prima è il congelamento di Mattarella al Colle o l’elezione di un candidato unitario preservando Draghi per Palazzo Chigi, la seconda consiste in una riforma proporzionale della legge elettorale che liberi Forza Italia dalle catene del centro destra e che renda possibile una riedizione del governo Draghi con una maggioranza sufficientemente larga dopo le elezioni. Ho l’impressione che questo pericolo, e questo antidoto, non siano all’ordine del giorno nella compagine del centro-sinistra, con l’eccezione di Calenda. Ma sono convinto che su questo, che configura un possibile scenario, disastroso o felice per il nostro Paese, non si possa più scherzare.
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