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Un nuovo piano Marshall energetico

1 Aprile 2022 348 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Penso che la guerra in Ucraina segnerà una svolta anche nel rapporto economico tra le nazioni. Le sanzioni alla Russia, da un lato, e la risposta di Putin che ci chiede di pagare io suo gas in rubli sono solo l’iceberg del grande mutamento che ci attende. Se il ritorno al clima da guerra fredda (ma in questo caso anche calda) produrrà una specie di nuovo bipolarismo politico questo si baserà, dopo la fine delle ideologie, esclusivamente sugli interessi e le ambizioni economiche. Non averlo previsto e aver legato lo sviluppo energetico dell’Italia alla Russia é stato certo un errore. Tanto che se ci dovesse venire a mancare il gas russo che rappresenta tuttora circa il 45% dei fabbisogno nazionale saremmo nei guai. Non tutta l’Europa, ma l’Italia e la Germania particolarmente, che hanno, da un lato, rinunciato al nucleare e dall’altra scelto di dipendere soprattutto da un solo paese. L’Algeria ci porta circa il 15% del rimanente e i colloqui recenti lo potrebbero fare aumentare ma non da sopperire alla larga e prevalente percentuale di quello russo. Dunque come affrontare l’emergenza e legarla alla prospettiva? La transizione ecologica, le energie alternative, il fotovoltaico e l’eolico rappresentano prospettive cosi come l’eventuale scelta di tornare sul nucleare che noi, assieme ai radicali, rifiutammo promuovendo un apposito referendum a un anno di distanza dal disastro di Chernobil. Se anche dovesse essere superato il ricatto di Putin di pagare il gas in rubli, che farebbe venir meno la validitá stessa dei contratti, la domanda che dovremmo porci é la seguente. Poiché la guerra qualunque dovesse essere il suo esito segnerà per decenni le relazioni tra gli stati, quale politica energetica intende sviluppare l’Italia? Bisognerebbe tornare ai tempi di Enrico Mattei e della sua preveggente intuizione di una autosufficienza energetica, che gli costò la vita al cospetto della tracotanza delle sette sorelle. Oggi siamo dipendenti e solo la suggestione dell’autosufficienza a breve ci appare utopistica. Piuttosto occorre comprendere che l’avvio di una nuova fase deve essere già avvenuto. Le trivelle sull’Adriatico, la Tap, osteggiate da pupilismi che vaticinavano un parco al posto dell’Ilva, devono oggi servire a recuperare il tempo ignobilmente perduto grazie a questi guitti da oratorio promossi a rappresentanti del popolo da un’Italia parecchio distratta. Possiamo anche servirci delle fonti alternative ma a breve queste non serviranno a coprire larga parte del fabbisogno. Possiamo anche rimettere in funzione le centrali a carbone spente, come ha fatto la Germania, ma si potrebbero recuperare solo pochi miliardi di metri cubi. Dobbiamo sacrificarci e stare al freddo. Ma le industrie? E’ evidente che l’aumento dei prezzi risponde più che al rapporto corretto tra domanda e offerta a speculazioni che vanno individuate e punite. E bene ha fatto il governo a stanziare risorse per i consumatori e a tagliare le accise. Qui si deve aprire il nuovo capitolo. Il fatto nuovo che é scaturito dalla guerra é relativo alla nuova solidarietà tra i paesi europei e tra questi ultimi e l’America. Se costruissimo molti rigassificatori potremmo chiedere agli Usa dopo la ferma posizione anche da noi assunta sull’Ucraina, compreso l’opportuno invio delle armi, di usufruire del suo gas a prezzi di favore. In una situazione d’emergenza gli Stati uniti potrebbero aiutare quei paesi europei troppo dipendenti dal gas russo. Una sorta di piano Marshall dell’energia sarebbe oggi quel che necessita. Occorre che ai miliardi in più per la difesa comune si sommi da parte nostra una generale minor dipendenza dall’estero e in particolare una nuova e operativa solidarietà occidentale. Ultimo punto il nucleare. Ci pronunciammo contro per la sicurezza non garantita delle centrali dell’epoca e per il problema dello smaltimento delle scorie nucleari, generalmente gettate in Oceano o nel sottosuolo. Se oggi dovessimo avere tecnologie capaci di superare queste nostre obiezioni di 35 anni fa, dovremmo poterne discutere. Laicamente. Al di fuori di dogmi e di prese di posizioni prevenute. In fondo il nucleare è pulito, non produce Co2 ed é un’energia che potremmo pordurre da soli.  Vediamo. Ma anche questo appartiene alla prospettiva e non risolverebbe i problemi del prossimo inverno. Io non credo che sarà più freddo di quello passato. O almeno lo spero.

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