Psi é Sì
Innanzitutto pretendendo che in questa settimana i mezzi di informazione accendano i riflettori sull’impatto che queste cinque domande determineranno sul sistema giustizia. E poi sul degrado assoluto in cui versa una parte della magistratura in Italia, e non a caso l’Europa pretende da noi una sua profonda riforma come una delle condizioni per elargire i fondi del Recovery. E, terzo compito dei media, per spiegare come una vittoria del Si inciderà sul testo della riforma Cartabia, in corso di approvazione in Parlamento. Vediamo di rispondere. La giustizia in Italia ha fatto acqua, non per numero di magistrati in rapporto alla popolazione (in Francia sono meno) e neanche per numero di tribunali, ma per leggi che prolungano i processi all’infinito. Non per i tre gradi contro i due americani. Ma per una serie di ricorsi e controricorsi e di lungaggini che hanno demandato non al processo ma ai piemme (cioè all’accusa) il compito di emettere il verdetto. Tangentopoli ha abbinato al culto del piemme l’uso illegale del carcere preventivo col compito di costringere l’indagato a confessare un reato. Su questi punti (la Severino adotta la condanna in primo grado, e non quella definitiva, per la decadenza dall’incarico pubblico, come il referendum impone, e la custodia cautelare viene abolita in uno dei tre casi prescrutti dalla legge, cioè per pericolo di inquinamento delle prove) i referendum offrono risposte. E soprattutto indicano una soluzione nella divisione delle funzioni tra magistratura inquirente e giudicante che in Italia restano unite e confuse, cosa che in Europa esisteva solo nel Portogallo di Salazar. Quanto al degrado della magistratura, cioè alla sua politicizzazione che si riscontra nelle logiche di autogoverno del Csm, non c’era bisogno delle denunce di Palamara per comprenderne la pericolosità. Da decenni il Csm é gestito in base a logiche spartitorie tra le correnti e i procuratori e gli incarichi esterni vengono lottizzati come se fossero i posti di un ente pubblico. Su questo i referendum offrono una risposta, sia pur parziale, nella riforma del sistema di voto per la parte togata. Sono, questi (il quinto riguarda l’inserimento degli avvocati nel consiglio che giudica i giudici) i referendum che potranno incidere sulla legge Cartabia in senso liberale e garantista. La riforma Cartabia, pur essendo un passo avanti tanto da suscitare tensioni e addirittura uno sciopero fallito da parte della fazione più oltranzista della magistratura, ë un compromesso tra posizioni inconciliabili. I referendum potranno spingere il testo verso il fronte garantista. E potranno incidere anche sull’economia italiana troppo spesso vittima di una giustizia punitiva. Se non vogliamo che la parte più conservatrice delle toghe, personificata da Davigo e Gratteri, abbia partita vinta, se non vogliamo che una magistratura politica e strabica produca altri casi Tortora, se non vogliamo che si ripetano vere e proprie persecuzioni giudiziarie come quella perpetrata contro il Psi nel 1992 (dopo la gogna, le dimissioni, l’isolamento politico oltre il 95% dei reati imputati ai parlamentari del Psi é caduto o in istruttoria o al processo), bisogna votare e votare 5 sì. Il Pd voterà no? Anche se molti suoi esponenti esprimeranno un voto diverso, comprendiamo che questo partito, che in buona misura deriva dai Ds-Pds, non possa tradire la sua supina subalternità all’ordine, dice bene Cassese, divenuto potere, giudiziario. I favori ottenuti nel passato pesano ancora. Resta un motivo grande per difendere il nostro autonomo diritto all’esistenza. Psi é un solo e unanime Sì.
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