C’erano altre strade…
Il segretario del Psi Vincenzo Maraio non é stato eletto. A lui va la nostra solidarietà per questa sua inaspettata e cocente delusione. Il Psi si trova (anche il candidato socialista nel collegio estero dell’America latina Mattarazzo non é passato) senza alcuna rappresentanza parlamentare. Come nel 2008. Ma in quelle elezioni ë stato punito il nostro coraggio di non accettare candidature nelle liste del Pd, stavolta é stata punita la nostra rassegnazione ad accettare qualsiasi condizione postaci da questo partito. La mancanza di una presenza parlamentare provoca alla nostra comunità problemi politici, organizzativi ed economici rilevanti. Sapremo affrontarli insieme e mantenere la nostra presenza? Prima un ripasso del recente passato per capire gli errori e subito correggerli, se siamo ancora in tempo. Avevamo altre possibilità? Io ne segnalo tre. La prima era quella avanzata da Ugo Intini e dal sottoscritto in occasione della formazione del Conte due. Non votare la fiducia e collocare i nostri parlamentari a fianco di Più Europa e Azione. Subito dopo, a seguito della scissione del Pd e dell’iniziativa promossa da Riccardo Nencini, abbiamo avuto la possibilità di rientrare nel progetto con la costituzione del gruppo Psi-Italia viva del Senato. Ma si é voluto attribuire all’operazione una valenza tecnica e non politica. Come se un gruppo unito a Palazzo Madama fosse un’operazione di ingegneria e non una scelta di collocazione. Si é dato mandato al nostro senatore di esprimere un voto favorevole alla fiducia al Conte due messo in crisi dallo stesso gruppo al quale il Psi aveva aderito, la cui caduta ha aperto la porta al governo Draghi. Alle elezioni di Roma, anziché appoggiare la candidatura di Carlo Calenda si é preferito presentare il simbolo inducendo Bobo Craxi a un sacrificio inutile se non umiliante. Evidente che con queste oscillazioni si stava preparando un’altra strada per noi rispetto a quella da noi stessi a parole pure propagandata in riunioni congiunte, e cioè l’approdo a un polo liberalsocialista. Il congresso estivo aveva raccomandato di operare per la costruzione in Italia di una forza unita del Partito socialista europeo alle elezioni politiche dopo avere compiuto la scelta di rifiutare l’alleanza dei socialisti europei alle consultazioni europee preferendo l’accordo con Più Europa. Ma anche questo non é avvenuto. Il Pd ha preferito mettere insieme se stesso e Articolo Uno-Mdp, che non fa parte del Pes, costruendo un’alleanza “democratica e progressista” in cui non c’era accenno all’intesa coi socialisti (il rifiuto di una parola che é l’essenza della nostra esistenza doveva rappresentare un rifiuto all’accordo) e nemmeno al simbolo del Pes. In più sacrificando il nostro senatore Riccardo Nencini a cui é stata negata la ricandidatura. Potevamo, dovevamo sorbirci anche questo? Potevamo, dovevamo reagire con uno scatto di orgoglio, questa la seconda soluzione, presentando la nostra lista autonoma e chiamando a raccolta i nostri e magari, come hanno fatto le altre forze alleate, pretendendo uno o due diritti di tribuna. Ma c’era una terza soluzione. Quando la Bonino e Calenda hanno rotto l’alleanza e si é ripresentata, nell’ambito del centro-sinistra, la lista di Più Europa potevamo allearci con questa lista che, detto col senno del poi, avrebbe certamente superato il 3%. Non mancavano altre strade, dunque. Bastava volerle vedere. La verità é che, da un lato, si é da tempo alzata la retorica del rilancio del simbolo e della sua presentazione e dall’altro si é preparata la più supina subalternità a un altro partito. Questo il paradosso a cui abbiamo assistito da un paio d’anni. Quale può essere il nostro futuro adesso? Penso che la scelta tra scioglimento e continuità vada posta al Consiglio nazionale, da convocare al più presto. Se si vuole continuare serve un atto preventivo di ripartenza e di autocritica degli errori compiuti (un gruppo dirigente che abbina suggestioni utopistiche a comportamenti strumentali va profondamente rinnovato). E se si compie la coraggiosa, anzi temeraria, scelta della continuità serve un congresso nelle forme di Costituente da convocare entro l’anno. Per definire la nostra identità nell’oggi. chiamando a raccolta tutti quello che intendano darci una mano, per scegliere una collocazione, per stabilire le modalità di una nuova politica extraparlamentare, sul filo di quella, ardua ma coraggiosa, praticata tra il 2008 e il 2013, per lanciare un progetto di due o tre obiettivi concreti da perseguire nell’ambito di una legislatura che si dipana alla luce della più grande vittoria della destra politica nel periodo repubblicano.
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