Perché La Giustizia
La Giustizia diverrà poi, nel 1922, il quotidiano del Psu di Turati, Treves, Matteotti e dello stesso Prampolini, espulsi dal Psi di Serrati a pochi giorni dalla marcia su Roma. Fu diretta da Claudio Treves. Continuò le pubblucazioni, sia pur fortemente limitata da censure e sequestri, sino al 5 novembre del 1925 quando fu chiusa in seguito al fallito attentato a Mussolini di Tito Zaniboni e poi definitivamente soppressa con le leghi del 1926. Venne poi rieditata dal Psli nel 1947, divenuto Psdi a partire dal 1951e, dopo l’unificazione socialista, tornò ad essere il giornale provinciale del Psi unificato, per ritornare al Psdi dopo la scissione del 1969. Venne poi ripubblicata dal Psi a partire dal 1989, quando il legittimo proprietario Giuseppe Amadei, che l’aveva ereditata da Alberto Simonini, aderì al Psi. Dal 1993 subì la stessa fine dell’Avanti. Niente finanziamenti, niente pubblicità e la gloriosa testata fu costretta a chiudere. Rinasce oggi in versione online. Oggi che la giustizia sociale è tornata argomento di pressante attualità. Oggi che la povertà abbraccia in modo soffocante cinque milioni di italiani mentre sempre più si allargano le disparità tra poveri e ricchi. Oggi che il mondo globale ci rimanda a sfide storiche sui temi della sovranità nazionale e dell’unità europea, mentre si affermano in modo preoccupante nuovi sistemi autoritari e imperialistici. Il giornale di oggi si diffonderà anche sull’altra giustizia, quella civile, inquinata da una casta autoreferenziale di magistrati che in Italia hanno invaso il campo della politica importandone le logiche peggiori. E anche da un sistema giudiziario che sta esponendo, con processi che si protraggono per decenni e torturano la vita di tanti imputati, anche innocenti, centinaia di migliaia di cittadini. E che dire di un sistema carceraio disumano e criminogeno che costringe alla galera anche chi non è ancora stato giudicato? Anche di questa giustizia vorremmo parlare. Di quella di coloro che catturano un boss dopo trent’anni di latitanza e di quella di chi ha perseguitato Giovanni Falcone. E’ impegnativo il nostro compito e la parola che sovraintende al nostro giornale e che l’ispira ha valore imperativo. Ci impegneremo in tante battaglie di civiltà per gli ultimi, per i diseredati e gli oppressi, per i perseguitati e gli afflitti. Convinti come siamo che solo un socialismo liberale possa riuscire ad abbinare giustizia sociale e amore per la libertà. Non posso dimenticare la frase di Sandro Pertini secondo il quale “a nulla porterebbe la più ardita riforma sociale se per conseguirla venissimo privati della libertà”. E così pure a ben poco porterebbe una libertà solo formale senza giustizia sociale. Saranno questi i due orizzonti verso i quali proiettarci. Con lo stesso spirito e lo stesso entusiasmo di quei giovani scapestrasti che nel 1886 diedero vita a questo giornale ai quali le persone “perbene” guardavano con malcelaro sospetto proviamo a cominciare. Anzi, a ricominciare. Ce la faremo.
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