Giorgio e la programmazione
Ci ha lasciati il compagno Giorgio Ruffolo. Aveva 96 anni ed era ammalato da tempo. Ho conosciuto personalmente Giorgio ai tempi in cui era ministro dell’Ambiente ed io, dal 1987, proprio nell’anno in cui assunse quel dicastero, deputato socialista di prima nomina. Dal dicembre del 1989, quando venni nominato componente della Direzione del Psi con l’incarico di responsabile del dipartimento Ambiente e territorio, la nostra frequentazione diventò assidua. Ruffolo aveva un portamento aristocratico e centellinava le parole inserendole sempre al posto. Ogni tanto si lasciava andare a una battuta e a un sorriso, ma sempre frenandosi quasi avesse timore di scoprirsi troppo con me, riformista craxiano, lui che era della sinistra socialista. Come ministro dell’Ambiente lasciò il segno istituendo le autorità di bacino, anche su spinta di Claudio Martelli che lanciò nel 1987 la Fondazione Po 2000, fece approvare la nuova legge sui parchi, mise in cantiere la legge sui rifiuti industriali di cui l’Italia era ancora carente, ma Ruffolo deve essere ricordato soprattutto per il ruolo trainante nella politica di programmazione messa alla base del programma del Psi, elaborato da Riccardo Lombardi, per il nuovo governo di centro-sinistra. Fu La Malfa che volle Ruffolo a capo degli uffici di pianificazione che erano allora in disuso. E Ruffolo, in gioventù militante della Fgsi su posizioni trozkiste e poi funzionario dell’Eni dal 1956 alla morte di Enrico Mattei, nel 1962, fu il perno dell’elaborazione della nuova politica assieme ad Antonio Giolitti, che fu il primo ministro della Programmazione e del bilancio nel governo Moro, che prese avvio nel dicembre del 1963. Non si ha ancora idea della rivoluzione introdotta e che mirava a governare il poderoso ma disarmonico sviluppo dell’Italia dei primi anni sessanta e delle profonde riforme introdotte dai governi di centro-sinistra per rendere il paese più equo e più libero. Mai l’Italia ha conosciuto un cambiamento cosi radicale del modo di vivere, di pensare, di consumare e di produrre. Si confrontarono due partiti, il Psi e la Dc, in appositi gruppi di studio, aperti ad intellettuali e studiosi. La Dc coi due convegni di San Pellegrino radunò il meglio delle sue intelligenze per farsi trovare pronta all’incontro coi socialisti che già col governo monocolore presieduto da Amintore Fanfani erano stati in grado di fare approvare riforme strutturali quali la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la scuola unica dell’obbligo, l’abbassamento da 18 a 15 della leva, la limitazione della censura, e che ponevano nel mirino del centro-sinistra organico soprattutto la nuova legge urbanistica con lo strumento dell’esproprio, e l’istituzione delle regioni. Ruffolo assieme a Giolitti seguì Riccardo Lombardi nel disimpegno dal governo a partire da quel luglio del 1964, quando qualche ombra si levò sulle sorti della democrazia italiana. Nenni preferì non abbassare la guardia ossessionato com’era dai vuoti di potere. Ruffolo divenne uomo politico, senatore dal 1983, dirigente politico, poi ministro, ma soprattutto autore di un’infinità di libri di politica e di economia. Fin da giovane aveva sviluppato un rapporto di amicizia e di collaborazione con Eugenio Scalfari. Era guardato per questo con una certa diffidenza dal vertice del Psi. Dal partito si staccò in piena tangentopoli quand’era deputato europeo. Venne rieletto nel 1994 a Strasburgo come indipendente nelle liste del Pds e nel 1998 aderì con Valdo Spini ai Democratici di sinistra. Si mantenne in una posizione molto critica nei riguardi del Pd. Giusto ricordare questa personalità che ha segnato per le intuizioni e proposte, per cultura e realizzazioni, larga parte della storia socialista e italiana.
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