Bonus e Malus
Mario Draghi disse, quando ancora non era stato insignito della carica di presidente del Consiglio, che non bisognava confondere debito buono e debito cattivo. Non ci voleva l’esperienza della Bce per arrivare a capire che un conto é far debito per gli investimenti che creano Pil e un altro far debito per la parte corrente che crea solo disavanzo. Solo la burocrazia europea li confondeva emanando stupidi e autolesionisti patti di stabilità. Il bonus del 110 per cento già ridotto al 90, assieme agli altri, quello al 90 ridotto al 60 per le facciate, quello al 50 per acquisti domestici e anche molto altro (c’é un bonus terremoto, una per caldaia, uno per gli elettrodomestici, uno per le tende d’arredamento, uno perfino per le zanzariere) ha avuto il merito di rilanciare l’edilizia, di produrre lavoro e di sviluppare l’economia. Gli altri, una miriade, legati all’emergenza (per chi si sposa, per chi fa figli, per i padri separati, per pensionati, per l’attività fisica, per la cultura, perfino per gli animali domestici) sono solo in parte già stati soppressi, ma fino alla finanziaria 2023 erano pienamente in vigore. L’anno trascorso si é chiuso con un Pil aumentato del 3,9 e se quest’anno le previsioni sono tutte orientate a superare lo 0,8 previsto, un bel contributo é certo stato recato da questi provvedimenti. Certo la spesa per lo stato é stata ingente e ammonta per il solo superbonus a oltre 71 miliardi di euro da gennaio 2022 a gennaio 2023. Il debito é stabilmente superiore al 170 del Pil. Dunque cresce il Pil senza che cali il debito, e ciò significa che parte del Pil é sulle spalle dello Stato. In una situazione d’emergenza questa scelta é necessaria, ma in una situazione di normalità si può rivelare pericolosa. Se i bonus edilizi costano a ogni cittadino 2mila euro, anche a quelli che non li utilizzano, l’aumento della crescita va a danno di tutti gli italiani e li divide. L’intervento del governo qualche ragione ce l’ha a patto che: innanzitutto vengano sbloccati i 50miliardi non ancora corrisposti a banche e imprese, e che si salvaguardino i lavori in corso e i progetti già approvati con le regole in vigore. Se ciò non fosse sarebbe un guaio non solo per le imprese e le famiglie, ma anche per lo stato chiamato a dover rispondere a centinaia di migliaia di ricorsi assolutamente giustificati. Vedremo come questa partita andrà a finire, dopo le obiezioni avanzate da Forza Italia. Se la riforma dovesse solo impedire la cessione del credito per i progetti futuri mantenendo le detrazioni fiscali é un conto, se dovesse intervenire a gamba tesa sui progetti in corso o addirittura ristrutturare il mancato pagamento delle opere, sarebbe una scelta di intervento invero cattiva su un debito buono, o presunto tale. Con conseguenze inimmaginabili per le imprese e per i lavoratori.
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