Figli di nessuno
Ho continuato, da consigliere comunale e da segretario provinciale del Psi, impegnandomi ancora di più per il referendum sull’abolizione della legge sull’aborto, vinto a pochi giorni dall’attentato al papa. Sono stato al fianco di Marco Pannella per le lotte contro l’ipocrisia di chi negava di dare attuazione alla volontà di Eluana Englaro, comunicata al padre Beppino, e con Marco Cappato per realizzare le libere decisioni di quanti non considerano una vita ridotta a larva umana degna di essere vissuta. E ho scritto e sostenuto la legge Cirinnà sulle unioni civili, quella sul testamento biologico, volute dal governo Renzi, il più liberale di tutti i governi italiani, anche se ho espresso qualche perplessità sull’impianto generale del ddl Zan, proprio per la sua impostazione prevalentemente repressiva e per l’introduzione di una lezione sulla diversità sessuale, prima ancora di introdurne una sulla sessualità, nelle scuole dell’obbligo. Sono convinto oggi che i figli delle coppie gay debbano avere esattamente gli stessi diritti di tutti gli altri. Si dice che questo confligga con l’articolo 29 della Costituzione che recita: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. L’articolo 30 aggiunge: “La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima”. La tutela giuridica che oggi manca ai figli delle coppie omosessuali. Certo la Costituzione, anche se la dizione che la famiglia si compone di un padre e di una madre non viene mai accennata, si rifaceva alla coppie eterosessuali. Ma son trascorsi 75 anni e il mondo é cambiato. I principi generali della Costituzione italiana vanno quindi interpretati alla luce delle novità del costume, della morale e anche della realtà così come si é venuta configurando. E dunque anche alla luce di una tutela giuridica mancante per una parte di bambini, figli di coppie omosessuali. Poco importa che il meloniano Fabio Rampelli ci ricordi che questi figli non sarebbero delle coppie che li hanno adottati. E potrebbero essere stati concepiti all’estero, ma allora perché non riconoscere la stepchild adoption e l’adozione per le coppie gay (é meglio tenere i bambini in un orfanotrofio?). Questo può essere vero solo biologicamente, perché un figlio é di chi lo ama, lo istruisce, lo mantiene. Un figlio non è un ovocita. E’ un essere bisognoso di affetto e di cura che anche le coppie gay sono in condizione di assicurare (a volte anche più e meglio di molte coppie eterosessuali). Sono per questo a favore del cosiddetto utero in affitto? No. E mi va pure bene che vengano aumentate le pene per chi lo pratica. Un figlio non é un prodotto da ordinare al supermercato con richieste di connotati estetici e di quorum di intelligenza come fosse un computer. Ma i figli così concepiti non possono essere considerati per tutta la vita figli del peccato. Figli da non riconoscere e senza tutele giuridiche. Perché anche ammesso che Rampelli avesse ragione sull’individuazione della loro proprietà dovrebbe poi conseguentemente stabilire come dovrebbero essere concepiti. Figli di nessuno, come si diceva un tempo? E sarebbe non concesso loro un diritto in base al fatto di come sono stati concepiti da altri? Un’ignominia giuridica. E questo anche se una coppia li sta adottando, custodendo, amando? E non potrebbero poi iscriverli a scuola come genitori, recarsi all’ospedale in caso di un’urgenza, intestare loro un bene? Questo proprio nell’era in cui un criminale russo, per questo ricercato dalla Corte dell’Aia, é incriminato del rapimento di migliaia di bambini ucraini? La nostra civiltà deve esprimere amore, comprensione, rispetto per i bambini. Per tutti i bambini a prescindere da come sono nati e da chi siano (e siano stati) i loro genitori. Guai a introdurre discriminazioni e a fare sentire qualcuno un “diverso” davvero.
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