Romagna mia
La mia regione, l’Emilia-Romagna, sopratutto nel territorio romagnolo, é stata allagata. Sono 13 i morti, quasi 40mila gli sfollati, decine di migliaia senza elettricità. Danni incalcolabili, abitazioni invase dalle acque, strade divenute laghi, in cui i vigili del fuoco e l’esercito hanno nuotato per salvare intere famiglie, auto distrutte, seminagioni violentate, un’intera agricoltura in ginocchio, stalle infangate e contadini che continuano a spalare acqua per salvare le bestie, frutteti di pesce, ciliegie, albicocche interamente devastati. Si impone innanzitutto il rispetto per i morti e la solidarietà per le loro famiglie e il sostegno immediato per coloro che sono stati costretti ad evacuare e per i tanti che hanno perso il lavoro e la loro impresa. Mezzi busti televisivi, basta incrementare dibattiti sul riscaldamento della crosta terrestre, se sia o non sia responsabile degli effetti paradossali del clima, di un marzo che sembra maggio e di un maggio che sembra marzo e di una pioggia caduta in quantità che non se ne vedeva in un anno intero. Basta con la ricerca delle responsabilità dei governi, delle regioni, dei comuni. Servono pale e idrofori per prosciugare sperando che oggi e domani non piova. Servono volontari oltre ai militari, servono aiuti. E naturalmente risorse immediate. Non bastano certo i 30 milioni stanziati dal governo. Poi discuteremo della prevenzione e delle cause e dei soldi del Pnrr non utilizzati e di un piano nazionale contro il dissesto idrogeologico. Discuteremo dei motivi per cui 33 corsi d’acqua possono contemporaneamente esondare. Non é il momento. Gli emiliani romagnoli son gente concreta. Non sanno che farsi delle parole e delle promesse. Questa é una popolazione che proviene dai campi e ha ancora i calli nelle mani. Questa é la terra della musica (Verdi, Toscanini, Pavarotti, Bergonzi, Tebaldi, Dalla, Ligabue e Zucchero provengono tutti da qui), é la terra delle automobili (la Ferrari, la Maserati), dei poeti (Carducci, Pascoli), dei grandi registi (Fellini, Antonioni, Bertolucci), ma soprattutto di un mondo impastato di lavori diffusi, dalla cucina, alle ceramiche, alla maglieria, alla meccanica e recentemente alla meccatronica, all’agricoltura appunto. E’ la terra delle più ardite sperimentazioni, quelle di Guglielmo Marconi, della capacità di fare impresa e di trasformare in oro un mare tra i meno appetibili del mondo. Verrà il sole e tra poche settimane le spiagge della Romagna si riempiranno di tedeschi e di tedesche a cui fare il filo e viaggeremo sulle onde al ritmo dei ferriniani pedalò della sua Cesenautica, E nelle pensioni di Cervia e di Riccione, oggi allagate, si ballerà il liscio di Casadei. E forse tutto sarà dimenticato dinnanzi a un piatto di tagliolini al pesce. Ecco, allora si dovrà impedire che questo disastro, questa apocalisse sia passata invano. Allora si dovrà capire bene come tutto questo sia potuto avvenire, di come si possa morire di pioggia e perché una regione tra le più avanzate abbia conosciuto un evento estremo che non si verificava da secoli. Ma adesso per favore, silenzio e pale in mano. Il presidente della Regione Bonaccini si é presentato in tivù col giaccone dei vigili del fuoco e il ministro Musumeci col maglione tricolore. D’altronde non siamo in epoca di armocromia? Più che sceneggiate servono fatti. L’Emilia-Romagna non apprezza l’immagine. Qui l’abito non fa il monaco. Gli emiliano-romagnoli son gente concreta, appunto. E interi paesi attendono ancora di ritornare alla vita. Li conosco bene, mio padre alla guida di una spericolata 500 con le valige faticosamente legate sul tetto li attraversava con mia madre e me, a luglio, per raggiungere il mare, Bagnacavallo, Cotignola, Lugo e Faenza, la città di Pietro Nenni, e Predappio, comune in cui nacque quel suo amico che in gioventù chiamavano “Muslein al mat”, poi Cesena che non si é voluta piegare al dominio forlivese e Forlì con la sua architettura fascista e infine l’accogliente e generosa Rimini di tante Amarcord. E mi viene un brivido al cuore al pensiero che siano state parzialmente sommerse, e non dal mare che ondeggia poco lontano, ma dalle acque fredde dei fiumi. E che qualcuno, novello Noè, si sia avventurato tra le case a salvare i naufraghi custodendoli in tante piccole arche. No, non servono parole che, come si dice da noi, non fanno farina. Servono aiuti concreti, efficaci, subito. Mia cara Emilia-Romagna, alzati e cammina. Questo non sarebbe un miracolo. E’ una tua consuetudine.
Buonasera Sig. Del Bue. Nelle Sue idee democratiche potrei criticare solo una cosa: le tragedie vanno eliminate soprattutto attraverso chi salvaguardia il territorio. Tipo i vigili del fuoco.
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