Una festa socialista
Il 2 giugno é festa della Repubblica. E’ oggi festa di tutti gli italiani. Ma se l’Italia é oggi una Repubblica le ragioni vanno innanzitutto individuate nelle battaglie politiche che soprattutto Pietro Nenni e il suo partito condussero in porto. Togliatti e il Pci vennero invece a patti con la monarchia. Dopo lo sbarco di Salerno del marzo del 1944 Ercoli (era il nome che usava Palmiro Togliatti) si pronunciò, su ordine di Stalin, a favore del governo Badoglio e i comunisti fecero poi anche parte del secondo governo Bonomi, che non aveva abbracciato la pregiudiziale repubblicana al contrario del Psiup (era questo il nome del Partito socialista, frutto dell’unificazione del vecchio Psi col Mup di Lelio Basso). I socialisti, al contrario dei comunisti, rinunciarono a quei ministeri. Fu anche per questa riconosciuta coerenza politica sulla questione istituzionale che i socialisti vennero premiati col voto del 2 giugno che univa insieme il referendum sulla repubblica e il voto per l’elezione della Costituente. Quel voto determinò un risultato sorprendente in quanto non era assolutamente prevedibile che i comunisti, più organizzati e sostenuti da Mosca e in prima fila nella Resistenza, risultassero più deboli dei socialisti (il 18,9% al Pci e il 20,7% al Psiup). L’Avanti titolò a piena pagina “Grazie a Nenni”. Mi pare che le televisioni e i giornali oggi parleranno d’altro. Una ricorrenza si piega generalmente alle convenienze politiche del momento. E ricordare le contraddizioni, sia pur giustificate da una tattica comprensibile, del Pci e le “mani libere” lasciate dalla Dc di De Gasperi al suo elettorato (Pio XII era decisamente monarchico) non conviene a nessuno. Sul risultato certo pesarono (a prescindere da qualche possibile broglio) le compromissioni di Casa Savoia col fascismo a cui il colpo di stato del 25 luglio non bastò a salvare la credibilità. L’Italia divenne una repubblica e Giuseppe Saragat fu eletto presidente della Costituente (si dimetterà dopo la scissione di Palazzo Barberini e sarà sostituito da Umberto Terracini). A 31 anni dalla promulgazione della Carta costituzionale fu giusto che, alla luce di un esplicito riformismo anti dogmatico, i socialisti, con l’articolo di Craxi sulla grande riforma del 1979, si siano pronunciati apertamente per una revisione della forma di stato. Anche su questo sono stati i primi a sinistra e contestati dal Pci di Berlinguer, attestato ancora sulla tesi marxista secondo la quale le istituzioni non sono altro che sovrastrutture. L’elezione diretta del presidente della Repubblica, in un sistema semi presidenziale alla francese, o del presidente del Consiglio nella forma del premierato, sono da tempo nell’intimo programma di chi alla tradizione del socialismo riformista e liberale continua ad ispirarsi. Ancora divisi dal Pd, oggi, che al tavolo delle riforme lanciato dal governo non intende partecipare. E ancora uniti ai riformisti che intendono invece partecipare e appoggiare la formula del premierato. Il 2 giugno del 1946 é forse la data più importante della nostra storia. Perché non diventi solo una stanca ricorrenza quella data ci spinge a un nuovo stimolo riformatore nel segno tracciato dall’impegno socialista in quella lontana occasione. Grazie a Nenni e grazie a Craxi possiamo vantarci della Repubblica e della Costituente, ma anche dell’intuizione di un suo adeguato rinnovamento.
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