Visco e il fisco
Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco annuncia il suo ritiro dopo dodici anni. E lo fa diffondendo dati tutto sommato positivi per l’Italia. Già alla fine del 2020 il prodotto interno lordo aveva recuperato il crollo nei trimestri successivi all’esplosione della pandemia. Nel 2022 l’aumento ë stato pari al 3,7%, mentre nei primi mesi di quest’anno appare migliore delle previsioni e superiore all’1%. La ripresa però é stata più marcata nel settore delle costruzioni perchë favorita dai diversi bonus e dalle defiscalizzazioni. I veri problemi italiani sono un alto livello d’inflazione che tornerà al 2% solo nel 2025, i contratti a tempo determinato che ancora oggi toccano il 20% dell’occupazione, la mancanza di forza lavoro che bisogna attingere attraverso l’immigrazione. Poi le riforme: quella del fisco che va approntata tenendo presente il principio della progressività e i bassi compensi a cui va data risposta anche introducendo il salario minimo, come negli altri paesi. E su questi due punti il dissenso col governo Meloni appare evidente. La flat tax é il contrario della progressività e il no al salario minimo del governo va in direzione contraria a quella sostenuta da Visco. Esiste ancora il tema del Mes e della sua riforma alla quale l’Italia é l’unico paese europeo a non avere ancora aderito. Visco lo ritiene un passaggio obbligato, la Meloni condizionata dalle scelte passate che demonizzavano questo istituto e anche la sua linea sanitaria che avrebbe fatto comodo all’Italia, tergiversa ancora. Poi il finale melodrammatico. Occorre fare presto sul Pnrr perché da lì si gioca il futuro dell’Italia. Futuro che é dunque nelle mani del governo Meloni e del ministro Fitto. La terza rata di gennaio é ancora bloccata. Il successore di Visco? Si fa il nome dell’ex ministro di Draghi Franco. Diciamo la verità. Anche Visco stavolta é stato molto franco.
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