La sinistra per metà diritti
Vorrei tornare sull’argomento. Che per me rimane quello, storico, del rapporto tra la sinistra e i diritti di libertà. Non parlo ovviamente del comunismo che é morto e sepolto. Parlo degli eredi e dei subentranti, di coloro che dicono: “Ma io non ero ancora nato”. Assolvendosi dal peccato dell’ignoranza o dell’indifferenza. C’era una volta una sinistra liberale e una illiberale. Quella liberale era rappresentata dal Psi, dal Psdi, dai radicali e per taluni versi dalli stesso Pri. C’era anche una sinistra nel Pli che si batteva per la laicità dello stato e per la legge del divorzio e dell’aborto. Il Pci era restio, puntava tutto su un dialogo coi cattolici inteso come compromesso tra integralismo e laicità e non come un contrasto della libertà con l’integralismo. Diffidava, dopo aver votato a favore dell’articolo 7 della Costituzione, dei referendum pericolosi per quel compromesso. Tutto era chiaro, a tal punto che lo stesso Pci venne anche trascinato dalla tenacia della sinistra liberale a far fronte comune su molte battaglie. Incominciò nel 1987, col referendum sulla responsabilità civile del giudice e purtroppo non del piemme, perché sarebbe stato cassato dalla Corte, come mi precisò il nostro Federico Mancini, un’altra battaglia di libertà, promossa dal Psi e dai radicali. Quella battaglia fu vinta e poi persa. Fu vinta elettoralmente al referendum, ma fu persa con la legge Vassalli che purtroppo ne svuotò il significato. Già sul caso Moro di nove anni prima le due sinistre si separarono: quella liberale e umanitaria era per la preminente esigenza di salvare la vita dell’ostaggio, quella tendenzialmente integralista schierata col fronte della fermezza. Il rapporto con la magistratura, che sempre più divenne potere assoluto e schierato politicamente con un’associazione sindacale che ne doveva tutelare il ruolo dagli attacchi del Parlamento e un Csm, organo di autogoverno diviso in partiti, divenne centrale. Nel nuovo sistema politico si invertirono le funzioni della sinistra e della destra. La sinistra, e mai come oggi con Elly Schlein, é schierata in prima fila nella battaglia per la laicità dello Stato ma non con la riforma europea della giustizia. E’ dunque una sinistra liberale a metà, mentre la destra è recalcitrante sul tema dei diritti civili, ma decisa a riformare la giustizia e combattere le degenerazioni della magistratura. Con l’eccezione dei radicali, di Più Europa, di Italia viva e di Azione, che poi in molti non catalogano come parte integrante della sinistra, Pd e sinistri vari sono assolutamente strabici come, ma all’opposto, la destra. Il riflusso su posizioni conservatrici della sinistra per metà illiberale, sul tema del rapporto cittadini-magistratura, é certo condizionato dal ruolo avuto da quest’ultima nella stagione di Tangentopoli, dalla funzione determinante sviluppata dall’ordine giudiziario nel far saltare il muro italiano dalla parte opposta, dunque dai favori e dai benefici recati a una parte politica. Così il Pd e quelli che stanno alla sua sinistra sono costantemente vacillanti tra un dichiarato diritto alla maternità surrogata e la negazione del diritto alla separazione delle carriere dei magistrati. Partito dei diritti, ma non di tutti, dunque. D’altronde é più facile battersi per un diritto che alla fine non disturba, almeno praticamente, nessuno, che non lottare contro un potere costituito e cosi influente per un diritto del cittadino. Che sia la destra liberale con Nordio a procedere nella direzione di una profonda riforma di stampo europeo della giustizia, e a scontrarsi contro un neo corporativismo politico dei partiti dei magistrati, appare una anomalia solo italiana. Manca a sinistra il vecchio Psi, quanto manca su questi temi, o una forte area liberalsocialista oggi, capace di unire i diritti in una unica e coerente cornice politica. Perché non si può essere per i diritti a la carte e men che meno per il diritto all’opportunismo.
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