Zaky e Giulio
E’ vero che il colpo di stato militare di Al Sisi ha impedito che a governare l’Egitto fossero i fratelli musulmani, forse peggiori di lui. Resta il fatto che il suo regime è una dittatura. E per alcuni aspetti cruenta. Il caso del povero Giulio Regeni drammaticamente lo conferma. Che un dottorando italiano dellUniversità di Cambridge, inviato forse imprudentemente in Egitto per una tesi sul sindacato, sia stato torturato e ucciso dalla polizia egiziana e che il regime di Al Sisi abbia operato per oscurare e travisare il crimine, rifiutandosi finora di collaborare con le autorità italiane, brucia ancora come una ferita aperta che nessun atto di clemenza successiva potrà mai cancellare. L’atto di clemenza del quale parliamo riguarda Patrick Zaki metà egiziano e metà bolognese per via dei suoi studi universitari e della laurea in letterature moderne comparate e frequentatore di un master sotto le Due torri al momento dell’arresto. E dunque anche un po’ figlio nostro. Le accuse che lo hanno travolto somigliano a quelle che hanno portato a morte Giulio: attentato alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. Zaki é stato arrestato il 7 febbraio del 2020, poi bendato e probabilmente torturato. A lui é andata meglio che a Giulio. La detenzione preventiva é stata piu volte prolungata e la prima udienza del processo si é svolta il 14 settembre del 2021. L’unica accusa allora sostenuta era quella di “diffusione di false notizie dentro e fuori il paese” a causa di un articolo di Patrick pubblicato su un giornale libanese. Il 7 dicembre del 2021 alla terza udienza il tribunale ha ordinato la sua scarcerazione. Durante l’11esima il tribunale egiziano lo ha condannato a tre anni di galera, ma il giorno dopo il presidente egiziano gli ha concesso la grazia. Merito delle iniziative diplomatiche delle autorità italiane, merito delle pressioni della comunità internazionale, ma anche a mio giudizio merito di Giulio. Della sua tragedia che ha messo seriamente in discussione i rapporti tra Italia ed Egitto. Del complesso, non dico di colpa perché per nutrirlo bisognerebbe possedere un certo quoziente di umanità, ma di paura. Paura di mettere a rischio i futuri rapporti con l’Europa e anche con l’Italia. Al Sisi dovrebbe sapere che da noi un giovane che si batte per i diritti civili e in particolare per quelli dei cristiani copti, che sostiene un candidato presidente democratico costretto al ritiro, che scrive per aiutare un popolo a uscire dalla dittatura é un benemerito. Fossi in Patrick quando rientrerà in Italia mi recherei subito dalla famiglia Regeni, per un abbraccio e un ringraziamento.
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