2 agosto 1980: sentenza giudiziaria o politica?
Non possiamo che prendere atto della sentenza del tribunale di Bologna sulla strage del 2 agosto 1980. I condannati in via definitiva sono Francesca Mambro e Valerio Fioravanti come mandanti a cui si aggiunsero Ciavardini e Cavallini, tutti e quattro appartenenti ai Nar, di matrice terroristica di destra. A questi quattro si é poi aggregato Paolo Bellini, un criminale a meta tra la politica e la delinquenza comune con qualche contatto coi servizi segreti deviati. Questo gruppo avrebbe agito in concorso con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, individuati quali mandanti, finanziatori o organizzatori. La sentenza riscrive pagine di storia italiana, con una decisa lettura anti atlantica e antiamericana. Anzi il pregiudizio politico pare qui condizionare il giudizio penale. E’ la storia di servizi che organizzano stragi, di organizzazioni americane che si muovono per “impedire al Pci di andare al governo”, di estremismi neri che ammazzano e terrorizzano su mandato. La sentenza di Bologna riscrive la storia d’Italia di un quarantennio. E’ metà sentenza e metà ricerca storico-politica. Anzi si ricava in taluni passaggi che sia la ricerca storico-politica che suggerisce le risposte agli interrogativi giudiziari. Ne prendano atto Parlamento italiano, governo e alleati. Far finta di nulla sia nel caso si siano scoperchiate inquietanti verità, sia nel caso ci si sia lasciati andare a un di più di propaganda politica non può indurre al silenzio e all’indifferenza. Sia ben chiaro. L’Italia ha conosciuto la stagione dello stragismo nero e del terrorismo rosso con possibili collegamenti internazionali. Ma nell’agosto 1980 esisteva ancora il pericolo comunista, quando al governo si stava stabilizzando un equilibrio fondato su un nuovo rapporto tra Dc e Psi? Bisognerebbe prendere visione dei saggi di Lorenza Cavallo e Salvatore Sechi (parliamo di ricercatori, di giornalisti e di docenti di storia di una certa considerazione) sposano un’altra verità e col rispetto che si deve a sentenze passate in giudicato, bisogna tenerne conto. Il fatto che non si sia voluto tener presente la pista palestinese, il rapporto tra una possibile vendetta per il venir meno del lodo Moro, dopo l’arresto di Abu Saleh, le dichiarazioni di Francesco Cossiga che dall’attentato neo fascista si convertì alla tesi di una bomba palestinese esplosa per caso nella stazione, delle ricerche del giudice Priore sui possibili collegamenti tra Ustica e Bologna, pare una scelta. Di certo si tornerà a parlare di questa strage. Come delle altre avvenute un Italia a partire da quella di Milano dell’ottobre del 1969 fino a quella del treno a San Benedetto Val di Sangro avvenuta nel dicembre del 1983. Troppe domande sono ancora senza risposta. Troppi processi sono stati iniziati e non conclusi o conclusi e poi rifatti. Lo stragismo italiano non ha ancora avuto una risposta definitiva.
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