Aprire le porte del teatro?
In una sua, rara, intervista il direttore dei teatri Cantù se ne esce con un’idea davvero originale. Sicurezza? Ma quale sicurezza? Polizia? Ma quale polizia? Apriamo le porte del teatro ai giovani che bivaccano fuori. Non tutti costoro fanno parte di baby gang. Non tutti costoro spacciano e si drogano, ma chi conosce la città sa bene che questi non sono certo ininfluenti nel gruppo. Dunque dovremmo aprire il teatro alle baby gang e agli spacciatori. E cosa dovrebbero fare costoro nel teatro, immagino mentre non vi sono rappresentazioni? Fare tutto quello che facevano fuori più al caldo? O deturpare una delle poche eccellenze monumentali di Reggio Emilia. Proprio mi sfugge la logica e vedo invece il rischio. Tempo fa (avevo presieduto i teatri dal 1987 al 1990 cogli ottimi Zannoni e Borghi alla direzione e sono oggi critico operistico di giornali locali e nazionali) avevo proposto un incontro all’attuale direttore. Ovviamente non ho ottenuto risposta. E’ d’uopo oggi che gli uomini di potere si incontrino solo cogli uomini di potere e non con quelli d’idee. Avrei sconsigliato, ad esempio, di allestire un Don Carlo a pochi giorni da quello scaligero. Netrebko, Meli, Salsi non si duplicano. Sono piacevolmente sorpreso che Kunde dopo l’Ernani torni in Otello. Ma vorrei sapere qual’è il ruolo dei nostri teatri nella programmazione regionale che va da Piacenza (saltando spesso Parma) a Reggio e Modena. Ad esempio sarei interessato a conoscere le ragioni per le quali Piacenza, tradizionalmente ultimo dei teatri emiliani, oggi ne é diventato il capofila. So che é difficile tornare ai tempi di Pizzi o della prima della Scala del 1988, “La fiaba dello zar Saltan” di Korsakov, allestita e andata in scena a Reggio prima che a Milano, o delle produzioni successive anche in accordo cogli enti lirici. C’era una linea: produzione locale, circuitazione non solo regionale (Il cappello di paglia di Nino Rota lo portammo a Parigi), accordi con La Scala e il Comunale di Bologna. Oggi mi sfugge l’azione di Reggio. Mi creda, dottor Cantù, non faccio parte dei contestatori a prescindere, Ma anziché aprire il teatro ai bivaccatori che del teatri conoscono solo i gradini non le sembra il caso di aprire il teatro agli intenditori (dai quali mi escludo aprioristicamente)?
Leave your response!