Sceneggiata italiana a Strasburgo
Penso che abbia ragione Paolo Gentiloni, quando sostiene che il voto dei deputati italiani all’Europarlamento sul nuovo patto di stabilità già approvato dalla Commissione, sia stato dato “pensando a Roma”. Eppure i deputati francesi non hanno votato pensando a Parigi, quelli spagnoli pensando a Madrid e quelli tedeschi pensando a Berlino. E la ragione può essere facilmente spiegata con i diversi impatti che le elezioni europee avranno sui rispettivi governi, frutto anche di leggi elettorali e di sistemi istituzionali diversi. Ma riepiloghiamo. L’oggetto del voto riguardava un testo, frutto di un compromesso tra paesi frugali e paesi indebitati. Tra questi ultimi l’Italia che, ragionevolmente pensa che un conto sia il taglio alla spesa corrente e un’altra la riduzione, infausta, degli investimenti, ma che detiene il secondo debito pubblico più alto in percentuale dopo la Grecia. Il compromesso attenua le rigidità del vecchio patto siglato nel 1997. Soprattutto sulla gradualità del rientro del debito (si prevede per i paesi con più del 60% una riduzione in quattro anni che possono essere estesi a sette, in cambio di riforme e investimenti). E poi il parametro di riferimento sarà la spesa primaria (quella esclusa dagli interessi, dai finanziamenti per la disoccupazione e dalle risorse stanziate dall’Ue). I paesi che hanno un debito superiore al 90%, come l’Italia, saranno chiamati a ridurlo dell’1% all’anno, se il debito è inferiore al 90% la riduzione sarà dello 0.5%. Le nuove disposizioni sono meno restrittive delle precedenti, quando si prescriveva senza eccezioni una riduzione di un ventesimo del debito per i paesi con indebitamento superiore al 60%, non si escludeva nessun tipo di investimento e si prendeva come riferimento non la spesa primaria ma quella complessiva. Il provvedimento è stato firmato anche da Paolo Gentiloni (Pd), ma i deputati del suo partito non l’hanno votato astenendosi. La Schlein ha adotto la scusa che il testo sarebbe stato modificato peggiorandolo rispetto a quello della Commissione. Ma allora perché Gentiloni lo ha firmato? Da notare che il gruppo “Socialisti e democratici”, del quale il Pd è parte, ha votato a favore. La Meloni aveva dichiarato che la maggioranza lo avrebbe votato ma, appena venuti a conoscenza che la Lega si sarebbe astenuta, i deputati di FdI hanno cambiato idea astenendosi. Forza Italia non è stata da meno e solo Lara Comi ha votato a favore, mentre si sono divisi i deputati italiani di Renew Europe con uno che ha votato contro e l’altro che si è astenuto (Renew Europe, lo ha dichiarato lo stesso Gozi eletto in Francia, aveva disposto di votare a favore). Solo i Cinque stelle hanno votato tutti compatti contro e Conte ha così sfidato il Pd su posizioni di maggiore intransigenza (quanto siano responsabili dell’aumento del debito con il 110% e il reddito di cittadinanza costoro è a tutti evidente). Conclusioni ironiche di Gentiloni: “Il voto ha unito la politica italiana”. Sì, ma l’ha esposta al ridicolo.
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