14 giugno 1924: Matteotti ha ucciso Mussolini
Ero incerto se parlare delle elezioni o di Matteotti. Ho scelto Matteotti perché delle elezioni si può parlare anche domani, dopo lo scrutinio delle comunali. E perché il 10 giugno non é una data trascurabile. Il 10 giugno di cent’anni fa veniva rapito e subito ammazzato l’on. Giacomo Matteotti, segretario nazionale del Psu. Il 30 maggio, in un temerario discorso parlamentare, Matteotti aveva chiesto l’invalidazione delle elezioni del 6 aprile per i brogli e le violenze che si erano verificati. Citò tra gli altri il brutale omicidio di Antonio Piccinini, candidato del Psi, avvenuto a Reggio Emilia. Il 10 giugno del 1924 Giacomo Matteotti, mentre si recava, dalla sua abitazione, alla Camera per preparare l’intervento, che gli storici definiscono esplosivo, sul bilancio dello stato, e portando seco una cartella della Camera contenente documenti a appunti mai più ritrovata, fu bloccato da una Lancia Trikappa nera sul Lungotevere Arnaldo da Brescia. Dentro c’erano i sicari, capeggiati da Amerigo Dumini che caricò di forza il deputato all’interno dell’auto. Ne nacque un parapiglia, Matteotti reagì con pugni e calci e Albino Volpi (ma il figlio di Matteotti, Matteo, sostiene di aver ricevuto nel 1950 una confessione da Amleto Poveromo che si autoaccusò del delitto), lo stroncò con diverse pugnalate. Gli altri della banda criminale erano Giuseppe Viola e Augusto Malacria. Il corpo di Matteotti fu ritrovato solo il 16 agosto, in fase di decomposizione, sotterrato in un bosco della Quartareola alla periferia di Roma. La mattina del giorno successivo il rapimento fu la moglie Velia ad avvertire i compagni di partito che il marito non si trovava e Turati scrisse una struggente lettera alla sua compagna Anna Kuliscioff in cui si mostrava in pena per la scomparsa di Giacomo. Furono poi avvertiti il prefetto di Roma Bertini e lo stesso Mussolini che il 13 giugno assicurò la Camera che avrebbe fatto tutto il possibile per ritrovarlo e per punire i responsabili. Nello stesso giorno le opposizioni si ritirarono dall’Aula riunendosi il 14 in una sala autonoma e iniziando la secessione, il cosiddetto Aventino. Furono mesi terribili per il fascismo. Da un giorno all’altro, abbandonato dai suoi elettori moderati e dai ceti medi liberali, sembrava che il regime crollasse. Poi, per le divisioni tra le forze di opposizione (i comunisti rientrarono in aula) e per la mancanza di sbocchi politici concreti da parte dell’Aventino, Mussolini ebbe la meglio e col discorso del 3 gennaio 1925 si assunse tutte le responsabilità “storiche, politiche e morali” del fascismo. Ma qual’era il vero motivo dell’eliminazione di Matteotti? Solo il discorso parlamentare che fece sbottare Mussolini, secondo la testimonianza di Cesare Rossi, suo capo ufficio stampa, autore di un famoso memoriale, e profferire parole quali: “Cosa fa Dumini, cosa fa la Ceka, quell’uomo non dovrebbe più circolare”? O ad esso si sommarono altre e più convincenti motivazioni? Lo storico Mauro Canali ha approfondito l’itinerario che porta a uno scandalo petrolifero del quale Matteotti fu messo a conoscenza. Si tratta di una società petrolifera americana, la Sinclair oil che, sopravanzando le pretese inglesi, si era aggiudicata l’esclusiva delle escavazioni in tutto il territorio italiano pretendendo anche analogo trattamento per quello libico. Matteotti, che era massone, fece un viaggio a Londra in aprile, invitato dalla massoneria inglese. E venne a conoscenza anche delle tangenti versate dalla Sinclair a personaggi del governo, al giornale Il popolo d’Italia diretto dal fratello del duce Arnaldo Mussolini e di un coinvolgimento dello stesso re Vittorio Emanuele III, che sarebbe divenuto addirittura azionista della società. Una bufera tremenda si stava abbattendo sulla monarchia e sul governo. D’altronde chi era stato direttamente coinvolto nel rapimento di Matteotti, De Bono e Marinelli, erano gli uomini più vicini al re. Certo pare impossibile che Mussolini non ne sapesse nulla. La Ceka, la polizia segreta che aveva preso il nome da quella sovietica, era alle dirette dipendenze, anche economiche, di Mussolini. Ma certo un ulteriore tassello si é aggiunto alla ricerca storica sulle motivazioni dell’assassinio di Matteotti, non solo accusatore del fascismo per le violenze e le irregolarità commesse prima e durante le elezioni, ma fustigatore dei costumi per la corruzione che si sarebbe verificata in occasione dell’affidamento a una società americana (in seguito venne ritirata) dell’esclusiva delle escavazioni. Un duplice motivo per farlo fuori. Pensiamo che per l’uno, il caso politico, Il delitto fece vacillare il fascismo, a cosa sarebbe successo se fosse uscito anche quell’altro che coinvolgeva governo e monarchia. Dicono che prima di morire Matteotti profferì le parole rimaste famose (“Uccidete me, ma le mie idee non le ucciderete mai”). Oggi possiamo dire che anche Giacomo Matteotti non é morto e che anzi é Matteotti che ha ucciso Mussolini.
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