Ricordando la predica di Prampolini
La Giustizia, fondata da Camillo Prampolini nel 1886, dieci anni prima dell’Avanti, divenendo quotidiano nel 1904, diretta dal mantovano Zibordi, dedicò l’anno dopo la sua nascita, un lungo articolo al Natale che usci proprio in occasione della nascita di Gesù. Vogliamo anche quest’anno ricordarlo. E ricordare il Natale con quel rispetto e amore per la figura di Gesù che nutriamo anche se non siamo cattolici. E che sono gli stessi che animava Prampolini per ia sua devozione ai deboli e ai diseredati. Prampolini era orientato fin dalla prima pubblicazione de Lo Scamiciato ((1882-84) e poi di Reggio nova (1884-86) a contrapporre la figura di Gesù a quella della Chiesa del suo tempo. Per questo era cristiano e anticlericale. Volle dunque raccontare su La Giustizia una storia. Si trattava di un racconto immaginario. C’era una volta un socialista in piedi su una sedia che si rivolgeva a tutti coloro che si erano recati alla messa natalizia. Quell’uomo, forse era lo stesso Prampolini, invitava i fedeli ad essere cristiani, a seguire gli insegnamenti del cristianesimo che erano in netto contrasto con quelli della Chiesa del suo tempo. E così facendo a diventare socialisti. La Predica di Natale venne poi stampata in un opuscolo e ne furono vendute una quantità inimmaginabile di copie. “La Giustizia” parla addirittura di 50mila e questo in un territorio contadino dove ancora regnava l’analfabetismo. Sembrerà inverosimile ma due preti, don Levoni e don Magnani, si spretarono chiedendo a Prampolini di diventare militanti socialisti. La sfida tra l’evangelismo prampoliniano e la Chiesa sfociò in slogan come “Prampolini é il Dio dei poveri” o in filastrocche come queste: “Sarà buono il buon Gesù, ma Prampolini lo é di più”. O nei ricordi del presidente della Provincia dell’epoca Alessandro Mazzoli che narra di un comizio a Gualtieri in cui Prampolini concluse con un “Io vi benedico”. O alle visite pre natalizie che Prampolini e i suoi facevano all’esiliato in Svizzera Antonio Vergnanini e che portavano seco “qualcosa di sacro”. Devo dire che Prampolini ha sempre aborrito il culto della personalità e a maggior ragione della santità, ma il rifiuto dei duelli, l’odio della violenza di una guerra o di una rivoluzione (“Non é il problema di dare la propria vita”, disse”, “il problema é di dare quella degli altri”), il suo riformismo dal basso, fatto di cooperative, municipalizzazioni, scuole, case e asili, quel suo “Io non vi ho insegnato questo” a fronte della sassaiola contro la polizia per non permettere il comizio di Cesare Battisti che poi provocò la sparatoria dei poliziotti e due morti tra i dimostranti, e poi, nel 1919 quel “io ho ribrezzo dei sanguinari si chiamino Alessandro Magno, Giulio Cesare, Robespierre” e il dibattito era sul bolscevismo di Lenin, lo avvicinavano a un predicatore cristiano, e forse anche a un Gandhi. Perché il suo socialismo era a sfondo etico e faceva della non violenza e del gradualismo i suoi perni. Fu condannato dalla storia sia da destra che da sinistra. Per decenni é stato considerato uno sconfitto e sostituito da altri riferimenti, miti e divinità varie. Certo la Chiesa del suo tempo non era la Chiesa di oggi. Per comprendere il senso dell’anticlericalismo dei socialisti bisogna ricordare che la Chiesa appoggiava il ceto borghese che poi la finanziava, che sosteneva i partiti conservatori. Arrivò al punto da scomunicare La Giustizia e tutti i suoi lettori come aveva fatto nei confronti de Lo Scamiciato. Don Bedeschi, per conto del vescovo di Reggio, scrisse addirittura la contropredica esaltando il carattere trascendente di Gesù e il formalismo ecclesiastico. Oggi possiamo ben dire che Prampolini, da morto, perchè è da morti che si riabilitato i riformisti, ha trovato una conferma. La Chiesa di Bergoglio ha finito per dargli ragione e il suo riformismo é ormai appannaggio di tutti, forse di troppi. E così pure l’esaltazione di Gesù come fautore di amore e di solidarietà. Bergoglio ha trasferito al mondo i principi cristiani e affronta direttamente i temi delle guerre, delle disuguaglianze e delle migrazioni. Ma sì anche oggi pensiamo al Natale ricordando la Predica di Prampolini. Forse in concordia.
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