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La guerra dei trent’anni

6 Febbraio 2025 100 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Nell’intricata vicenda relativa al caso Almasri il dibattito in Aula non é servito a chiarire alcunché. Solo é valso ad esprimere a toni accesi le posizioni di ciascuno. Sullo sfondo l’eterna questione del rapporto tra politica e magistratura, la guerra dei Trent’anni, come l’ha definita in un’intervista il ministro Crosetto. In questo caso sono entrati in campo i magistrati dell’Aia per come hanno trasmesso gli atti alle autorità italiane, quelli della Corte d’Appello di Roma che hanno scarcerato il generale arrestato quarantotto ore prima dalla Digos di Torino e infine la Procura di Rima che in base a un esposto di un ex senatore decide di inviare il tutto al tribunale dei ministri. Primo interrogativo. Che i rapporti con la Libia, come ha sottolineato l’ex ministro degli Interni del governo di centro-sinistra Marco Minniti, siano strategici per l’Italia tutti dovrebbero ammetterlo. Sia sul piano dei cosiddetti respingimenti degli immigrati e dell’opera dei trafficanti di esseri umani (l’accordo venne siglato dallo stesso Minniti), sia sul piano degli interessi energetici. Anche per questo l’attacco alla Libia da parte innanzitutto francese e poi americana e la successiva e barbara eliminazione di Gheddafi non dovevano essere appoggiati dal governo italiano (dopo dubbi e aperte contrarietà) e Berlusconi avrebbe dovuto assumere una posizione nettamente contraria come quella della Germania. Forse sarebbe cambiato poco. Ma se questi rapporti sono strategici oggi con due governi libici in perenne conflitto tra loro e col contorno di decine di tribù autogestite, erano ugualmente rilevanti e più facilmente gestibili quando comandava uno solo. Il generale Almasri é direttamente responsabile di questi campi in cui vengono denunciati maltrattamenti, sevizie, violenze, e anche omocidi. Da Minniti (ministro degli interni con Gentiloni presidente dal 2016 al 2018) in poi sono passati il governo gialloverde, quello giallorosso, il governo Draghi. Tre governi: uno di destra-sinistra, l’altro di sinistra e il terzo tecnico e di unità nazionale. Da tre anni esiste un quarto governo, quello della Meloni. Avevamo bisogno di Almasri e del mandato d’arresto della Corte penale internazionale per verificare che i campi libici erano vergati dal segno della sopraffazione e della ferocia? L’Onu aveva bisogno di questo per accorgersene? Quante verifiche l’Organizzazione delle nazioni unite ha fatto in quel Paese? E se le ha fatte non ha visto, non ha sentito, non ha capito? Questa é la prima e preliminare domanda. La seconda é questa. Almasri gironzolava per mezza Europa, da Londra a Bruxelles, a Berlino, a Torino. Perché la Corte ha atteso a inviare il mandato d’arresto proprio quando era sul nostro suolo? Conosceva bene le particolari condizioni e le singolari difficoltà delle relazioni tra Italia e Libia e dunque il mandato é stato appositamente confezionato? Forse questa domanda sarà destinata a restare tale. Terza. Il mandato d’arresto é stato inviato al ministro della Giustizia che lo ha controfirmato. E’ stata la magistratura che, individuando in esso un vizio di forma, ha deliberato l’immediata scarcerazione di Almasri. Poteva il ministro rinviare l’atto alla Corte internazionale per scriverlo correttamente, poi firmarlo di nuovo e incarcerare nuovamente Almasri. Così non é stato. Perché? La risposta non c’é stata. Le due versioni di Nordio e di Piantedosi anzi differiscono. Per Piantedosi Almasri é un soggetto pericoloso e per questo si é deciso di accompagnarlo in Libia con un aereo di Stato. Ma se era così pericoloso perché non é stato arrestato in Italia? Forse Piantedosi doveva meglio specificare il significato di quel “pericoloso”. Era pericoloso per le relazioni tra Italia e Libia. Arrestare in Italia un generale dell’esercito libico era pericoloso per gli accordi politici ed economici tra Italia e Libia. Ma allora perché non apporre su tutta la vicenda il segreto di stato? Solo una certa ingenuità della presidente del Consiglio, neppure presente quest’oggi in Aula, poteva ritenere che questa vicenda non regalasse giorni e giorni di polemiche tra i partiti e tra governo e magistratura. Solo il pressapochismo politico di certi ministri (ma si mettano d’accordo tra loro prima di riferire alla Camera) apre la porta al solito interessato protagonismo politico della magistratura. Che noi socialisti conosciamo bene, caro Crosetto, essendo stati all’origine della guerra dei Trent’anni…

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