Home » Nazionale

La riviera di Gaza

6 Febbraio 2025 96 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Non ho capito se Trump parli seriamente. Facciamo il conto delle parole. Vuole che il Canada diventi il 51esimo stato americano, é pronto a prendersi Panama anche con l’esercito, vuole conquistare la Groenlandia che appartiene all’Ue, vuole mettere i dazi a tutti, poi smentiti a Canada e Messico, vuole rispedire indietro tutti i migranti, ma il Messico ha schierato l’esercito al confine, lasciamo perdere la pace che intende imporre, su quali basi non si sa, a Russia e Ucraina e, da ultimo, intende cacciare tutti i palestinesi da Gaza per farci una riviera per ricchi americani. Qui la follia sfiora il più gretto e sfrontato egoismo. Trump é corto di memoria. Non sa nulla dei trattati e delle decisioni intraprese da organismi internazionali? O più probabilmente se ne fotte, come degli organismi ai quali ha deciso di non uniformarsi. L’America con Trump rischia di deragliare da grande potenza internazionale a paese che se ne infischia del mondo e pensa solo agli affari suoi. O, meglio, che pensa a come fregare gli altri in funzione degli affari suoi. La politica dei due popoli e dei due stati é quella scelta nella risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni unite del 1947, che sta alla base della costituzione dello stato di Israele, e alla quale lo stesso Israele, ma anche e soprattutto gli stati arabi confinanti, insensibili alla cessione di territori, non hanno voluto dare esecuzione. Il trattato di Oslo del 1993 che assegnava alla striscia di Gaza, unitamente alla Cisgiordania, ad interim la zona di Gerico, poteri di relativo autogoverno, é ormai carta straccia? Anche Netanyahu la pensa così. L’accordo era firmato da Rabin, ucciso nel 1995 da un integralista israeliano, e da Arafat, capo dell’Olp. Fu Sharon a liberare con molta fatica e altrettanta determinazione la striscia di Gaza dagli insediamenti israeliani, mentre in Cisgiordania si divisero in tre le zone: quella sotto l’autogoverno palestinese, quella mista e quella sotto il protettorato israeliano. Questo, degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, resta il problema più delicato per proclamare la nascita del nuovo stato palestinese relativamente a quella zona, così come la mancata continuità territoriale tra Gaza e Cisgiordania, due regioni non confinanti e con elezioni separate peraltro vinte da due partiti diversi, anzi di tendenza opposta e in guerra tra loro, ne costituisce il limite geo politico. Ma restiamo a Gaza che ha conosciuto il massacro di uomini, donne e bambini seguito alla strage in Israele del 7 ottobre del 2023. Una zona ridotta in macerie e che deve essere ricostruita praticamente da zero. Ma una zona che tutti i trattati affidano ai palestinesi e mi auguro, anche per la sicurezza di Israele, che sia affidata all’Autorità palestinese col compito di eliminare il terrorismo di Hamas. Questa posizione, dei due popoli e due stati, che é stata ribadita anche dal ministro degli Esteri Tajani, confligge con gli spericolati affondo di Trump. Che l’asse Trump-Netayahu sia isolata nel mondo lo confermano le posizioni contrarie di due stati, la Giordania e l’Egitto, alleate di israele, quella dell’Arabia saudita, tradizionalmente vicina agli Stati uniti e che condiziona l’accordo con Israele al riconoscimento di una patria per i palestinesi. E naturalmente dell’Unione europea che la pensa allo stesso modo. Non c’é nazione al mondo che la condivida. E’ perciò destinata a cadere nel vuoto. Ma, viene spontaneo chiedersi a Trump chi glielo ha fatto dire? Il suo consigliere privato Musk, il suo segretario di Stato Rubio, il suo vice Vance? Pare che il marito di Ivanka Trump, che ha raddoppiato la sua partecipazione in Phoenix Financial, società israeliana nota anche per i finanziamenti immobiliari negli insediamenti in Cisgiordania, ne sia l’ispiratore. Fu proprio Kushner a lanciare l’anno scorso l’idea di considerare Gaza come un’area interessante per lo sviluppo immobiliare. A pensar male si fa peccato, disse Andreotti, ma generalmente ci si prende. Le scelte strategiche di un leader politico possono essere condizionate dagli interessi economici di un genero? Francamente, con tutto il male che posso attribuire a Trump, questo mi sembra troppo. Troppo, soprattutto, per il livello di dilettantismo e di pressapochismo politico.

Leave your response!

Add your comment below, or trackback from your own site. You can also subscribe to these comments via RSS.

Be nice. Keep it clean. Stay on topic. No spam.

You can use these tags:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

This is a Gravatar-enabled weblog. To get your own globally-recognized-avatar, please register at Gravatar.