Putin e “tutto quel che é suo”
Lo ha detto chiaro e tondo. Il presidente russo rivendica tutto quel che ritiene suo. Dietro questo pronome possessivo c’é un orizzonte di possibilità. Egli si riferisce a quegli stati che compongono o potrebbero comporre la federazione russa, oppure a quelli che erano aggregati al suo Impero zarista, o addirittura agli stati in cui era articolata l’Unione sovietica (la cui caduta per Putin é stata “la più grande tragedia del novecento”? A proposito della federazione russa osserviamo che sono 22 oggi i territori-nazioni che ne fanno parte: due sono state conquistate recentemente, la Cecenia e la Crimea, mentre la guerra con la Georgia ha consentito di rendere autonome ma di fatto controllate da Mosca anche l’Abkhazia e l’Ossezia del sud. Putin vuole annettersi anche l’Ucraina. O voleva, giacché il suo obiettivo iniziale era di conquistare Kiev, sovvertire il governo e sostituirlo con uno amico di Mosca, in stile Bielorussia. Si fermerà qui? E ora accetterà la proposta congiunta di Trump e di Zelensky di una tregua di trenta giorni? Non vi sfugga che sia l’Ucraina, sia la Georgia, non fanno parte della Nato e che entrambe sono candidate all’ingresso nella Ue. La vera trattativa sull’Ucraina deve ancora cominciare. La garanzia sul controllo delle terre rare ucraine pare abbia spinto Trump ad ammorbidire la posizione su Zelensky e a riprendere l’invio degli strumenti di controllo che gli erano stati sottratti. Fin qui si può ragionevolmente supporre che la pace passi dallo smembramento del territorio ucraino e dal riconoscimento che quello occupato dalla Russia passerà sotto Mosca. Parliamo soprattutto del Donbass, la zona più ricca di minerali, di gas, petrolio e diamanti. Difficilmente potranno essere messe sullo stesso piano il ritorno alla Russia della striscia di terra attorno a Kursk conquistata dagli ucraini con le regioni di Donetsk e Lugansk oggi a dominio russo. Dopo la Crimea Putin porterà dunque a casa altri preziosi territori. Ma Mosca si oppone a una forza anche solo europea di intermediazione che vigili sul rispetto dei nuovi confini. Perché? Vedremo cosa avverrà a Riad. Ma pare che quello delle garanzie sia il punto più spinoso delle trattative. Anche per questo l’Europa, la Meloni dice sotto l’egida della Nato, ma é evidente che dipenderà dalle decisioni di Trump che non pare per nulla d’accordo, si deve rafforzare militarmente, sia quantitativamente e sia qualitativamente negli apparati di difesa. In questa direzione si muove il piano da 800 miliardi di euro che la Von der Leyen ha lanciato. E che, primo, non sono sostitutivi né alterativi ad altri piani come il recovery found, o altro che si dovesse elaborare, ma sono anche da non conteggiare nei vincoli fissati dal piano di stabilità. Coloro che non l’approvano, Lega, Cinque stelle e solo il Pd tra tutti i partiti socialisti europei, sanno benissimo che senza quei soldi l’Europa non é in grado di schierare più di 20mila soldati nei confini ucraini, cioè il 20% di quelli che servirebbero e che considera conclusa la campagna bellica di Putin. Che insomma quel che é suo é già suo. Dubito che sia così. E che Putin non voglia invece, dopo quattro battaglie vinte, in Cecenia, in Georgia, in Crimea e in Ucraina, continuare. La Moldavia, le repubbliche baltiche (sono nella Nato ma che ne sarà della Nato?), perfino la Polonia facevano parte dell’Impero russo. E cos’é questo interesse per la ripetizione delle elezioni in Romania vinte, dicono illegalmente, dal filo russo Georgescu? Un avvertimento? La guerra imperialista non si combatte solo con le armi. Ci sono ingenti risorse che possono essere stanziate e l’economia di guerra sta salvando la Russia dalla catastrofe economica, intelligence e mezzi tecnologicamente più sofisticati, sistemi di spionaggio, insomma la guerra ibrida durerà a lungo. Lo minaccia Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, che ha riacceso i riflettori su un tipo di conflitto da tempo al centro dell’attenzione degli esperti di sicurezza internazionale e delle cancellerie di tutto il mondo. Nella storia dell’Urss i comunisti sovietici parlavano chiaro e forte alle riunioni dei partiti fratelli. Adesso, non più comunisti, hanno lo stesso pregio. Basta saperli ascoltare. E non far finta che abbiano parlato per dire altro. Quello che é nostro, la libertà, l’indipendenza, la solidarietà internazionale, dobbiamo difenderlo,
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