Cura Italia (e l’Europa?)
Il governo ha dunque emanato l’atteso decreto. Non é stato il primo e non s’annuncia come l’ultimo. E’ volto, questo, a venire incontro ai gravi problemi dell’economia italiana, in larghissima parte bloccata dall’emergenza coronavirus. Si tratta di un provvedimento in larga parte concordato con le parti sociali, le regioni e con l’opposizione parlamentare. Il decreto stanzia 25 miliardi che svilupperanno circa 350 miliardi di mutui. Particolarmente importanti, anche per la specifica situazione italiana che conta, caso unico in Europa, un tessuto economico costituito al 95% di piccole e media imprese, le decisioni che si riferiscono al sostegno all’occupazione e ai lavoratori (10 miliardi), alla liquidità del sistema del credito, alla sospensione degli obblighi di versamento, al sostegno aggiuntivo a tutti i colpiti. Per il sistema sanitario vengono stanziati 3 miliardi e mezzo. Tre miliardi, dei dieci, sono destinati ai lavoratori autonomi e ai professionisti. L’altra operazione eccezionale é quella di rifinanziamento della Cassa integrazione che viene estesa a tutte le aziende, perfino a quelle con un solo dipendente. Il finanziamento a questo proposito previsto dal decreto é di 3,3 miliardi. Nessuno deve perdere il posto di lavoro, neanche i precari e gli stagionali, al quali viene assicurato un contributo di 600 euro per coprire il mese di marzo mentre il mese di aprile verrà coperto con un provvedimento successivo. Sono poi stanziati 1,3 miliardi per le famiglie, come contributo per baby sitter (i bambini non vanno a scuola) e per i congedi parentali (15 giorni per mamme e papa con figli fino a 14 anni). Una forte iniezione di liquidità viene concessa al settore del credito che potrà manovrare fino a 300 miliardi per finanziare le imprese, mentre restano bloccate le tasse, i mutui e i contributi. Sullo sfondo il ruolo, per ora opaco, dell’Europa, nonostante i riconoscimenti del presidente della Commissione Ursula van der Leyen e le scuse di Christine Lagarde, presidente della Banca centrale, dopo le sgradevoli affermazioni sugli spread. L’Europa rischia un brusco e ferale tramonto se non saprà essere un continente politico unito. Se non capirà che un’infezione che pareva interessare solo uno degli stati membri, e che sta interessando tutti, si combatte con decisioni comuni. Si potrà anche superare Schengen ma i virus non conoscono barriere e dogane. Si potranno, ed era ora, superare tutti i vincoli che i vari paesi a cominciare dall’Italia stanno già sfondando. Si dovrà allora capire che un’Europa solo monetaria e vincolistica se l’é portata via il virus. E se tra le sue vittime defungerà anche il patto di stabilità, con la stupida equiparazione tra spesa corrente e investimenti, dovremo riconoscere che, tra tanti lutti e dolori, il virus avrà anche combinato qualcosa di buono. Dopo il coronavirus l’Europa dovrà decidere se rinascere o morire. Ma la rinascita sarà possibile solo su basi che non ricalchino il passato. Anzi, il passato stavolta non può proprio tornare.
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