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Sul Mes si voti in Parlamento

31 Ottobre 2020 379 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

E’ vero. Siamo in presenza di un’ondata, enumerarla é ininfluente, che sta investendo con particolare intensità l’Europa e con provvedimenti restrittivi che da ogni parte impongono sacrifici e chiusure. Il presidente Macron, la Francia é investita da un ciclone di 70mila casi giornalieri, ha annunciato un parziale lockdown con blocco di ristoranti, bar e negozi, ma salvaguardando le scuole e i comparti produttivi, mentre la Merkel (con poco più di diecimila contagi quotidiani) ha introdotto misure solo leggermente più blande.In Italia il presidente Conte ha emanato tre dpcm in pochi giorni, con una diversità sostanziale di contenuti, e seminando non poche perplessità quando non vere e pressanti proteste. Est modus in rebus. Certo quelli di Francia e Germania sono sistemi molto differenti rispetto al nostro. Il semi presidenzialismo francese e il cancellierato tedesco consentono ai presidenti, votati direttamente dal popolo o dal Parlamento, di dotarsi di un’autorevolezza che il sistema italiano non consente. Solo in Italia un presidente, neppure eletto parlamentare, ma scelto da un partito, può transitare da una coalizione all’altra, fregiarsi di uno strumento come il dpcm, che gli permette di non passare dal Parlamento, e affrontare la peggiore crisi del dopoguerra con una maggioranza risicata e senza alcun contatto con le opposizioni. C’é dunque innanzitutto la forma che emerge assai prima della sostanza. Una forma che ci vede diversi e meno attendibili. Poi c’é il resto. Come abbiamo già scritto ieri, un conto é un lockdown più o meno generalizzato, altra cosa é un decreto, peraltro di dubbia efficacia, che penalizza solo alcuni. Perché i ristoranti debbano chiudere alle 18, cioè due ore prima di riaprire, é mistero da film giallo. Perché debbano chiudere i teatri e non i musei altro interrogativo insolubile. Perché debba chiudere lo sport a livello provinciale e (forse) non quello a livello regionale, mistero. E si potrebbe continuare. Quello che manca al governo italiano non é solo un’unità d’intenti, basti pensare al contrasto sui 37 miliardi del Mes, ma un disegno su come affrontare la crisi sanitaria ed economica. Manca un preciso piano per combattere l’epidemia e salvaguardare l’economia. Si va a tentoni, senza mostrare dati chiari e attendibili, senza un orientamento. Spesso anche senza una coerenza e una spiegazione. Nessuno nega l’importanza del decreto Ristori, ma resta pur sempre, anche questo, un provvedimento che segna un ulteriore incremento del nostro debito cattivo, per usare l’espressione di Mario Draghi. Siamo ormai oltre il 160% del Pil, che nella storia italiana venne superato solo alla vigilia della marcia su Roma. Siamo sicuri che spendere 100 miliardi in questo modo, se lo chiede polemicamente Luca Ricolfi sul Quotidiano nazionale, sia la via giusta? E perché sul Mes il Pd non prende un’iniziativa chiara e definitiva presentando in Parlamento una mozione? Perché teme che si crei una maggioranza contraria. Perché teme di far cadere il governo. Ma questo governo vale 37miliardi senza interessi da investire nella sanità? E se la situazione dovesse durare a lungo, potremmo farne a meno? E che dire dei trasporti? Un problema specificatamente italiano. Che si é fatto in questi otto mesi per potenziarli, anche attraverso utili convenzioni coi privati? Pressoché nulla. Non confrontiamoci con gli altri, dunque, la caduta del nostro Pil é quasi il doppio della caduta del Pil europeo, e men che meno con Francia e Germania, che dispongono di altri strumenti e di altre e ben più favorevoli situazioni sanitarie ed economiche. Potremmo solo arrossire.

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