Intervento in Aula sul calcio
Ci asteniamo sulla legge delega. Bene l’inserimento del basket e i diritti centralizzati. Maggiore pluralismo per le piattaforme, più mutualità col calcio minore, stadi privati, e prezzi dei biglietti più bassi
Ci asterremo nel voto sulla legge. Avremmo voluto votare a favore perché ne condividiamo lo spirito e la maggior parte delle disposizioni. Ma la richiesta delle delega al governo non possiamo condividerla. Si poteva e si doveva fare una legge d’iniziativa parlamentare. Oltre tutto i gruppi parlamentari hanno condiviso l’idea di fondo: e cioè quella di passare dai diritti individuali a quelli collettivi e centralizzati. Il che potrebbe apparire un controsenso nel momento in cui il governo annuncia liberalizzazioni. Lo è solo per chi non conosce la situazione abnorme in cui versa soprattutto il mondo del calcio, caratterizzata, proprio alla luce della presenza della televisione a pagamento, di un divario sempre crescente tra grandi società, che diventano sempre più grandi, e piccole società, che diventano sempre più piccole. I proventi derivanti da accordi separati dei grandi club hanno determinato bilanci, degli stessi, aumentati vertiginosamente con ricavi coperti in larghissima misura proprio dalla cessione dei diritti televisivi. Tali cessioni hanno generalmente penalizzato i piccoli club costretti ad un “prendere o lasciare” piuttosto discutibile. Se sommiamo alla cessione dei diritti televisivi individuali la legge Bosman, non possiamo non registrare la crisi spesso fatale dei club delle serie minori (C1 e C2) e del club cosiddetti dilettantistici. Questi, che un tempo sanavano i loro bilanci con la cessione dei calciatori in proprietà alle grandi società, adesso non sono più proprietarie di cartellini, ma solo detentori di contratti. E spesso le grandi società aspettano che i contratti siano scaduti per accaparrarsi i calciatori, anche quelli più giovani. E anche in presenza del contratto il prezzo dei calciatori è fortemente diminuito, in conseguenza di una legge che ha abolito il concetto di proprietà. Dunque era indispensabile intervenire per riequilibrare. Anche il mondo del basket ci ha segnalato l’urgenza di una legge analoga. Lo ha fatto il presidente della Lega basket e l’ho personalmente proposto, come ha ricordato l’on. Rusconi, alla commissione. Mi fa piacere che una legge concepita originariamente per il calcio sia stata estesa al basket. Cioè alle manifestazioni dello sport professionistico di squadra.
Ci sono due motivi ulteriori che ci hanno spinto a scegliere la strada dell’astensione, oltre allo strumento della delega che non abbiamo condiviso. Il primo si riferisce proprio alla presenza di posizioni monopolistiche sul mercato delle singole piattaforme che la legge intende mettere sul mercato singolarmente. Lo ha giustamente sottolineato l’on. Romani e il governo ha preso l’impegno di modificare la legge al Senato. Dunque, con ogni probabilità, la legge ritornerà alla Camera e in quella sede valuteremo l’emendamento inserito. Il secondo riguarda il troppo generico inserimento del principio della mutualità. Se per mutualità si intende solo un maggior equilibrio tra grandi e piccoli club della stessa serie, allora l’articolo H del comma 3 che si riferisce alle quote di ripartizione (quella “prevalente” deve essere ripartita in parti uguali tra tutte le società) può essere sufficiente. Io però ho introdotto un principio che solo parzialmente è stato accolto nella legge e cioè il “risarcimento” alle società minori che vengono obiettivamente penalizzate dalla presenza della televisione a pagamento in contemporanea con le prestazioni agonistiche delle loro squadre. Non vedo granchè se non la destinazione di un fondo di mutualità per lo sport dilettantistico e per i vivai della squadre. Due ultime osservazioni. La prima si riferisce al percorso stabilito per portarci all’organizzazione degli Europei di calcio del 2012. Parlo naturalmente degli stadi. Si ricordano le risorse destinate alla ristrutturazione e anche alla edificazione di nuovi impianti semplicemente attraverso mutui. Si scelga un modello, signor ministro e signor sottosegretario. E se è il modello inglese quello che maggiormente ci affascina allora cominciamo a costruire impianti privati con l’intervento delle società che possono e devono poi gestirli e garantirne la sicurezza, proprio come è avvenuto con successo ai recenti campionati del mondo di Germania. Lo Stato tenti semplicemente di assecondare lo stanziamento di capitali privati e il passaggio di proprietà degli impianti alle società sportive anche distinguendo tra la parte sportiva e quella commerciale. Proprio come è avvenuto nella mia città, Reggio Emilia, dove esiste l’unico stadio privato d’Italia e ove si stanno ultimando i lavori per configurarlo come l’unico stadio che vivrà sette giorni su sette. Possibile che uno stadio così non possa essere sede di incontri per gli Europei del 2012 e che invece dobbiamo rincorrere stadi come quelli di Napoli, di Palermo e di Bologna che tutti ritengono inadeguati? Un’ultima annotazione riguarda i prezzi dei biglietti. Noi abbiamo gli stadi più vetusti d’Europa (l’Olimpico di Roma è quello più inaccettabile in quanto a visuale) e più vuoti di pubblico? Perché la Pay tv non svuotato gli stadi inglesi, quelli tedeschi, quelli spagnoli? Lo dice anche Bekembauer. “Avete gli stadi più vetusti e i prezzi più alti”. Allora che i diritti televisivi inducano le società ad abbassare il prezzo dei biglietti E che il governo faccia su questo la sua parte per garantire, tra i tanti diritti, anche quelli del popolo sportivo.