L’intervento di Del Bue al congresso del Psi: “Un partito piccolo deve avere idee grandi”
La guerra in Ucraina cambia il mondo e poiché divide destra e sinistra cambierà anche i contorni di entrambe. E forse il loro stesso significato. Può mutare gli assetti internazionali, palesando un nuovo bipolarismo dai contorni oscuri, interrompendo la stessa globalizzazione economica. Svezia e Finlandia, da oltre un secolo neutraliste e in larga parte socialdemocratiche, hanno chiesto di aderire alla Nato. La storia non si cancella, non si dimenticano i drammi del passato e così avviene in Polonia, e nelle vicine Georgia e Moldavia, le prossime vittime sacrificali se Putin non verrà
Ho riflettuto sul fatto che l’Occidente e soprattutto l’Europa sono state colpite prima dall’estremismo islamico e poi dall’imperialismo russo (perché l’Ucraina è Europa, perché gli ucraini vogliono vivere come gli europei e questo é il vero motivo dell’aggressione, non la Nato che abbaia, perché Nato che abbaia non morde). Mi sono chiesto se c’é qualcosa che unisce questa doppia offensiva. E mi sono dato una risposta. Entrambe vogliono distruggere la nostra civiltà democratica, la nostra cultura libera, i nostri valori frutto di rivoluzioni epocali. Questo unisce i messaggi dell’Isis e di Medvedev. Questo é quel che si legge dagli allucinanti messaggi del ricchissimo patriarca russo Kirill a proposito della guerra ai gay.
A fronte di questo duplice attacco alcuni di noi propongono una singolare forma di pentitismo.
E’ vero siamo noi i colpevoli, noi i peccatori, noi gli imperialisti. C’é del vero. Ma così é la resa. Così si perde in partenza. Così la difesa delle nostre ragioni si estingue. Tornano alla mente le parole di Oriana Fallaci alla quale il nostro Riccardo Nencini ha dedicato tre libri e un premio. Nell’orchestra serale di mezzi busti trump comunisti suonano i loro strumenti i vari Santoro, Ovadia, Borgonovo (vice direttore della Pravda italiana) ai quali si aggiungono nuovi aspiranti flautisti o tromboni, quali la professoressa De Cesari e il professor Orsini. Della De Cesari, docente di filosofia alla Sapienza, mi ha impressionato una frase: “L’Italia non doveva appoggiare una delle due parti ma mediare tra le due”. Cioè tra un aggredito e un aggressore. Dovrebbe sapere la professoressa dove Dante collocava gli ignavi: nell’Antinferno. Li disprezzava a tal punto da non collocarli né all’Inferno, ne al Paradiso. I vili, i codardi, coloro che non prendono mai una posizione. I socialisti hanno fatto tanti errori, ma si sono sempre schierati, dall’invasione dell’Ungheria in poi, da una parte sola, dalla parte del diritto di un popolo alla sua sovranità.
Travaglio che inacidisce le nostre serate e che il grande Pannella ha dipinto come un personaggio “con la passione del male e non con l’amore del vero”, ma anche Floris, Formigli, la Berlinguer si sono anche lamentati di fantomatiche liste di prescrizione. Ma se loro sono i prescritti perché sono sempre in Tv? Cosa dovremmo dire noi cancellati da decenni dal video anche per colpa loro?
Letta ha fatto bene su Ucraina, male sui referendum giustizia
La posizione sulla giustizia di questo partito ha radici antiche. Dipende da un patto sancito trent’anni fa a favore di una giustizia politica che ha cancellato le ragioni e i torti della storia dopo la caduta del Muro. Un patto che ha consentito a chi aveva torto, i comunisti, di avere ragione. Un bel favore. E solo chi quel patto aveva contratto in prima persona, Luciano Violante, ha avuto il coraggio di prenderne le distanze e nei fatti di dare ragione alle previsioni di Craxi.
Avere il coraggio di dire no alla separazione delle carriere significa di fatto sconfessare tutti gli ordinamenti giudiziari europei e ispirarsi al solo che non lo prevedeva. Quello del Portogallo di Salazar. Tra noi e il Pd c’è un fossato ancora da colmare sul tema della giustizia. La subalternità di questo partito al populismo s’era già avvertita in occasione del referendum sulla legge del taglio dei parlamentari. Forse c’era bisogno di meno parlamentari incapaci ma a questo sta già provvedendo l’elettorato italiano.
Con quel che resta dei Cinque stelle noi non abbiamo niente in comune: loro sono stati No Tap e non Tav, poi si sono parzialmente ravveduti, ma hanno fatto perdere tempo e soldi per un gasdotto quanto mai necessario oggi e per una ferrovia parte integrante di un corridoio europeo, e noi siamo stati favorevoli, sono stati contrari al Mes e noi a favore, loro sono stati per il taglio dei parlamentari e noi no, loro sono stati contro i referendum giustizia e noi a favore, loro difendono i partiti dei giudici, e noi li contestiamo, sono contro le armi in Ucraina e noi a favore, sono contro i termovalorizzatori e noi no. E sono bugiardi. Sono i Cinque balle.
Si perché in campagna elettorale avevano assicurato che non si sarebbero alleati con nessuno e poi si sono alleati con tutti. Adesso vorrebbero uscire dal governo e presentarsi come partito di opposizione dopo avere condiviso un governo di destra, uno di sinistra e uno di unità popolare. Operazione da mago Silvan.
Terzo errore di Letta sostenere che Di Maio e Conte per lui pari sono. No, non sono uguali come le donne del Rigoletto per il duca di Mantova. Non è uguale chi rompe col passato, denuncia il populismo e difende il governo Draghi e chi si mantiene su posizioni irresponsabili e lo fa traballare.
Un partito piccolo deve avere idee grandi. Altrimenti è destinato solo a sopravvivere. Occorre prevedere le cose un minuto prima degli altri, un minuto prima del Pd. Perché poi il Pd ci arriva. Ricordo il film “Appena un minuto” in cui un personaggio deteneva uno smarphone che aveva la proprietà di far tornare gli avvenimenti al minuto precedente. Non abbiamo bisogno di smarphone, abbiamo intelligenza e creatività. Dario Fo sosteneva che il Pci era un partito lento perché troppo grosso. Noi non abbiamo questo problema. Trasformiamo la nostra debolezza in una virtù.
Si parla di Nuovo Ulivo o nuovo Centro sinistra (osservo che anche la proposta di un proporzionale conterrebbe le coalizioni e i listini bloccati, ahimè viva la democrazia). Ora mi pare evidente che l’unica soluzione per aggregare le forze “a destra” del Pd sia tenere fuori i Cinquestelle. Passare dall’alleanza della gauche populista a un’alleanza della sinistra riformista. Questa deve essere anche la nostra posizione. Che ci sia un partito più a sinistra del Pd nessuna obiezione. Vedo che è nato il partito del cocomero. Nulla osta per tenerlo a tavola. Con questo caldo è anche gradevole.
Se nascerà la nuova alleanza di Centro sinistra è un passo avanti, ma non sarà decisivo. Per tentare di vincere le elezioni dobbiamo fare un proposta che contenga due requisiti: favorire un travaso di voti dal centro destra e lanciare un’idea negli interessi superiori dell’Italia. E questi due obiettivi hanno un solo nome: quello di Mario Draghi. Si arriverà qui, sono certo, per non avere il governo Meloni. Noi dovremmo arrivarci un minuto prima. Se poi tra Draghi e la Meloni gli italiani sceglieranno la Meloni, come in passato hanno scelto Salvini e Grillo, avranno quel che si meritano.
Rassegno al congresso il bilancio di tre anni di impegno e di posizioni politiche che attestano un po’ di coerenza personale e forse anche un briciolo di ragioni. Ringrazio gli altri per avermi consentito di esprimere le mie opinioni in libertà.
In occasione della formazione del governo giallo rosso con Intini raccomandammo al partito di non votare la fiducia.
In occasione della formazione del gruppo Italia viva-Psi tentai di sottolinearne il valore politico e non solo tecnico.
In occasione dell’ultimo voto a favore del governo Conte cercai di motivare il voto dell’astensione.
In occasione della proposta del Conte ter opposi sull’Avanti, quando ancora nessuno ne parlava, nell’editoriale del 31 dicembre l’opzione del governo Draghi
Adesso sono aperti i cantieri. Soprattutto nel centro sinistra. Azione e Più Europa si sono unificate. Il macroniano Gozi ha auspicato che questa alleanza si allarghi a Renzi. Sala incontra Di Maio e pensa di organizzare un centro. Dobbiamo decidere dove portare il nostro mattone. L’importante è che non lo portiamo quando gli edifici sono già ultimati e non ce ne sarà più bisogno. A Milano ci sarà un’assemblea promossa da Calenda e Bonino e aperta a tutti per un’alleanza riformista. Credo che noi ci dobbiamo essere. Mi dicono: “Ma noi non possiamo allearci se non con chi aderisce al socialismo europeo”. Cioè solo col Pd. Ma noi dal 2013 non abbiamo fatto una sola lista omogenea col socialismo europeo. Abbiamo scelto Sel nel 2014, ci siamo alleati coi verdi e i prodiani nel 2018, con Più Europa alle europee del 2019. Nelle recenti elezioni amministrative, dove non c’erano le condizioni per un’alleanza col Pd, a Rieti con Carlo Ubertini, a Frosinone con Vincenzo Iacovissi, a Carrara con Angelo Zubbani abbiamo ottenuto le migliori percentuali, costituendo con altri un terzo polo. Verona è stata una piacevole eccezione, ma lì non c’era la sinistra, c’era “un mediano sinistro”. L’importante sarebbe che non nascessero terzi poli, ma un terzo polo. Anche perché se fossero di più sarebbero un terzo, un quarto e un quinto. E si danneggerebbero a vicenda. Noi abbiamo anche un interesse di parte. Eleggere parlamentari. Questa volta lo possiamo fare contrariamente al passato nella quota proporzionale e con una lista riformista. Aprofittiamone.
Avanti caro segretario e avanti i giovani. Anche se la gioventù non é una qualità. E’ solo una condizione. Che passa fin troppo velocemente, ci ricordava ad un nostro Congresso Emma Bonino. Dimostrino i giovani di essere meglio di coloro che li hanno preceduti. Compito dei più anziani é quello di garantire loro di giocarsi tale possibilità. E di non bocciarli al primo errore. Anche perché indietro non si può tornare. E si dedichino al vero tema sociale dei nostro tempo. Il lavoro dei giovani e la necessità di un patto sociale tra le generazioni
La nostra funzione storica resta quella di contestare questo sistema politico non identitario e popolato di nomi e simboli estranei alla nostra tradizione. Unico in Europa. E parte integrante del rifiuto dei giovani alla politica e dell’astensione elettorale. E indicare nel ritorno alle identità storiche e che sopravvivono in tutta Europa la nostra bussola. E tenere duro col nome di socialista anche se la mia ispirazione é quella di un socialismo con un duplice aggettivo: riformista e liberale. Perché se in Italia e solo in Italia non esiste una sinistra socialista é perché quel nome l’abbiamo portato noi. E risorgerà il giorno in cui sarà finita la nostra persecuzione. Adesso compito nostro è di fare politica in questo sistema non identitario cogli affini, con quelli che sul piano programmatico e sulle scelte politiche la pensano come noi e creare un soggetto, una federazione, un’alleanza che senza di noi sarebbe solo liberale e riformista e con noi si trasformerebbe in liberalsocialista.
Un contributo per chiarire la nostra storia recente penso di averlo offerto scrivendo il libro “L’impronta”, perché i socialisti hanno lasciato una traccia incancellabile dal 1983 al 1992 nella storia d’Italia e hanno poi subito una persecuzione giudiziaria senza pari. Il 95% dei nostri parlamentari, dopo anni di gogna e di isolamento, di umiliazioni e di offese sono infatti stati assolti. Per cui si può dire come amava ripetere Riccardo Lombardi: “I socialisti hanno compiuto errori di cui pentirsi. Nessuno del quale vergognarsi”. Il mio libro lo dedico a voi che avete tenuto duro. E per quanto mi riguarda sono a disposizione con voi e con le mie idee a combattere ancora per la verità, per la giustizia e per le ragioni dei socialisti.”
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