Noi vivremo del lavoro…
In Italia con la parola d’ordine delle otto ore si organizzò l’astensione dal lavoro a partire dal 1891. E si cantò l’inno di Turati con quel ritornello “Noi vivremo del lavoro, o pugnando si morrà“, che poteva avere un duplice significato. E cioè che dobbiamo vivere del reddito del nostro lavoro, che il nostro onorario sia dunque sufficiente per vivere. Ma anche che il lavoro é un diritto, senza del quale nessuno può vivere.
Oggi questa frase acquista un valore straordinario. Viviamo in un momento di acuta crisi, dovuta alle conseguenze della pandemia e della guerra, ma già da anni il lavoro sfugge, sostituito dalla tecnologia e dalla conseguente diminuzione di molteplici attività, nonché da un mercato globale che abbatte i costi dei prodotti e dunque la potabilità di molte imprese occidentali, e dunque italiane. Così lo stesso articolo 1 della Costituzione che sancisce che la Repubblica italiana é fondata sul lavoro acquisisce sempre più un valore retorico.
La battaglia per il lavoro si interseca oggi anche con quella per un salario dignitoso e l’Italia, anche per le inaccettabili distrazioni del sindacato, viene spesso segnalata come la nazione con i salari troppi bassi. Questa nuova è indispensabile necessità si lega a quella per acquisire nuovi diritti da parte di categorie di giovani che devono rassegnarsi a un frustrante precariato, vedasi i famosi rider o gli immigrati sfruttati nelle campagne del sud, che di diritti non ne hanno neanche uno.
A loro va la solidarietà dei socialisti e l’impegno perché costoro non diventino come i vecchi proletari delle origini. Il lavoro, un lavoro umano e libero, garantito e durevole, deve essere sempre assicurato. Quando c’è. Certo non può essere inventato se manca. Penso ai tanti artigiani, piccoli imprenditori, commercianti che in questi ultimi anni non hanno potuto lavorare per diverse incombenze.
Sono anche loro lavoratori con altri alle loro dipendenze. Il concetto del lavoro deve essere dunque ampliato. Non solo esso deve riguardare le categorie dipendenti, pubbliche e private, ma deve coprire anche il lavoro autonomo, e oggi soprattutto quelle nuove forme di lavoro consentite dalla creatività e dalla moderna tecnologia.
Quante attività autonome stanno oggi riprendendo? Quante sono destinate a chiudere per sempre? I quasi due anni che ci separano ormai dalla pandemia e le inevitabili conseguenze soprattutto energetiche dell’aggressione russa all’Ucraina segnalano un’Italia in piedi con un PIL costantemente in crescita. Il nuovo governo ha annunciato una riforma fiscale che non si vede, mentre forti sono le preoccupazioni di perdere, per le pastoie burocratiche, parte delle risorse che l’Europa ci ha destinato.
Dipenderà dall’esito di queste risorse il futuro del nostro Paese, della sua economia e dell’occupazione. Concludiamo con Turati 1886: “Su compagni, su fratelli, su marciamo in fitta schiera, sulla libera bandiera splende il sol dell’avvenir“. Quel sole che prima o poi, speriamo prima, ritornerà a splendere, certamente anche su di noi. Quel sole che in questa primavera ancora stenta a far splendere i suoi raggi.
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