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Il Dalemagate

7 Giugno 2023 213 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Sono state effettuate nella mattinata di oggi perquisizioni della Digos per Massimo D’Alema e Alessandro Profumo, inquisiti dalla procura di Napoli per la presunta compravendita di armi dalla Colombia. L’ex premier, l’ex amministratore delegato del gruppo Leonardo, Giuseppe Giordo, ex direttore generale di Fincantieri e Gherardo Gardo, nella curiosa veste di contabile dell’ex premier, risulterebbero indagati.  Gli indagati, complessivamente, sarebbero otto. Si contesta ad Alessandro Profumo, Massimo D’Alema, Giuseppe Giordo, Gherardo Guardo, Umberto Claudio Bonavita, Francesco Amato, Emanuele Caruso e Giancarlo Mazzotta, il reato di corruzione internazionale aggravata. La forma aggravata viene contestata in quanto il reato sarebbe stato commesso con l’ausilio di un gruppo criminale organizzato, attivo in diversi Stati, tra cui Italia, Usa, Colombia e altri. I fatti dovrebbero risalire a una data prossima al 27 gennaio 2022. Queste le notizie. Ora, dal più profondo del garantismo possibile, attendiamo che il percorso giudiziario dia delle indicazioni più precise. Vi é tuttavia da sottolineare che D’Alema all’epoca, circa un anno e mezzo orsono, non rivestiva alcun incarico politico né tanto meno istituzionale e che la vendita non é andata in porto. Per amore di verità storica D’Alema ricorderà quando, ai tempi di Tangentopoli, lui e il suo partito consideravano un avviso di garanzia alla stregua di una condanna anticipata. Noi non siamo mai stati d’accordo e anzi consideriamo un avviso di garanzia l’inizio di un percorso che può portare o meno alla celebrazione di un processo. Si possono avere fondate perplessità che nella sua attività post politica D’Alema sia sia occupato, con quale incarico e in quale veste, di vendita di armi alla Colombia? E perché il presidente di un ente pubblico come Leonardo, il cui maggiore azionista é il ministero dell’Economia e delle Finanze, si sia affidato proprio a lui? Sono solo domande legittime al di fuori di ogni presunzione di colpevolezza, ci mancherebbe. Abbiamo conosciuto D’Alema come un totus politicus. Stentiamo a immaginarlo come trafficante in armi.

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