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La strada

31 Luglio 2024 170 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo
Non é il film di Fellini che ha vinto l’Oscar. E non é neppure “quella che porta a te”, come cantavano i giovani cattolici nel ‘68 e neppure quella invocata da Giorgio Gaber per sfuggire alla monotonia della convivenza. E’ una strada laica che ci porta a un obiettivo politico condiviso. Prendiamo il povero Psi. In nome di quale strada invoca la stantia riaggregazione dei socialisti di trent’anni fa e poi caccia quelli che fino a ieri erano nel partito? Lasciamo stare i commissariamenti militari in ogni parte d’Italia, ma qual’é la politica della fantomatica e strabica riaggregazione? Passati dalla lista col Pd alla suggestione di una lista con Fratoianni alla lista con Renzi alle Europee e alla recente esaltazione dellUnion de la gauche in salsa francese, perché mai si dovrebbe sposare questo appuntamento? In nome di quale progetto? Prima la politica, come scandiva Nenni con lo slogan politique d’abord. Rimpiccioliti, perseguitati, impauriti, balbettanti, si biascica di tutto. Diciamo allora che teniamo ferme le ragioni della nascita dell’Associazione socialista liberale e di questo giornale, La Giustizia, manifesto storico del riformismo, che da domenicale divenne quotidiano e che da provinciale si trasformò in nazionale. E poniamo cinque argomenti alla base di qualsiasi progetto. Questi punti, irrinunciabili, sono nell’ordine 1) Una vocazione europeista che contrasti i neo nazionalismi di destra e di sinistra. Il manifesto elettorale della Lega “Meno Europa e più Italia” é assieme un’indicazione suicida (meno Europa equivale a meno Italia) e ridicola (meno Europa di così c’é la non Europa). 2) L’appoggio alla resistenza ucraina che combatte il neo imperialismo di Putin. Un appoggio politico, morale e militare. 3) Una politica che insieme sia ispirata alla salvaguardia dell’esistenza di Israele e alla lotta contro il terrorismo di Hamas e nel contempo alla legittima aspirazione dei palestinesi ad avere una patria libera dagli insediamenti delle colonie israeliane. 4) La piena collaborazione di tutto il Parlamento per la realizzazione degli obiettivi previsti dal Pnrr. Si tratta di 190 miliardi che devono consentire all”Italia una crescita di PIL e di occupazione. 5) Una riforma della giustizia che preveda la separazione delle carriere dei magistrati, la nomina per sorteggio del Csm, la revisione del carcere preventivo e una profonda riforma del regime carcerario. Questi cinque obiettivi non sono alla base di riferimento di nessuno dei due poli. Anzi nella coalizione di destra e di sinistra ci sono forze decisamente contrarie al sostegno alla resistenza ucraina e nella coalizione di sinistra la maggioranza (Pd e Cinque stelle) è contraria alla riforma della giustizia. Si tratta di capisaldi della nostra identità. Condannare le aggressioni e sostenere la giustizia giusta e non quella politicizzata è un dovere irrinunciabile e coerente con i nostri ideali e con la nostra storia. E’ la nostra strada. Può ritrovarsi attorno a questi punti, intanto, il mondo socialista residuo e diviso? Può essere questa la base o di una ricomposizione o della nascita di una nuova forza politica pienamente democratica e libera da gruppi dirigenti chiusi, da satrapi e da soffocatori del dissenso? Una forza di cultura e d’idee, non un ridicolo partito tardo morandiano. Un movimento aperto e fornito di tutti gli strumenti tecnologici per sondare militanti, simpatizzanti, semplici cittadini. Un nuovo punto di raccolta per giovani e intellettuali che rifiutano la politica attuale e si rifugiano nel non voto. Ma la collocazione, sulla base di quei cinque punti discriminanti, non può che essere autonoma e in contrasto col finto bipolarismo italiano al quale purtroppo pare convertito lo stesso Renzi. Visto che sia a destra sia a sinistra si formano coalizioni che possono vincere le elezioni ma non governare in modo compatto e stabile un paese, tanto vale superare il maggioritario e tornare al proporzionale. Magico ritorno al passato. Altro che Premierato e partiti padronali. L’uomo solo al comando (o sarebbe meglio dire la donna) non é il farmaco giusto (né la strada) per curare la crisi della democrazia.

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