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Dal tuca tuca al bunga bunga

29 Ottobre 2010 2.197 views One CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Chi non si ricorda del tuca tuca di Raffaella Carrà e di quell’esilarante duetto con Alberto Sordi, più volte reiterato dalle tv? Uno degli spettacoli più gustosi. Silvio è uomo di spettacolo e nelle sue serate mondane non poteva che inventarsi nuovi giochi, balli e cotillons. Come quel bunga bunga del quale ha parlato la minorenne marocchina Ruby. Il gioco, da quel che si è capito, consisterebbe in uno spogliarello delle ragazze presenti (“Sono rimasta vestita solo io, perchè portavo da bere”, ha rivelato la ragazza). Il tutto dinnanzi a Silvio, il solo uomo partecipe del bunga bunga. Cioè Silvio nell’harem come i persiani e gli egizi del tempo che fu. Un imperatore che si attornia delle bellezze del suo regno, le osserva , le gradisce, le seleziona, le tocca magari. Niente più. Tuca tuca come quello di Raffaella? O forse qualcosa in più, vedasi caso D’Addario? Tuca tuca o bunga bunga? Le donne venivano pagate? Ma no, solo qualche regalino, magari un vestito di Valentino e poi, si sa, se vai da Silvio , lui ti assume, mica ti lascia alle tue sventure. Così, se Ruby viene arrestata per furto, Silvio si dà da fare per farla liberare. Ha un cuore (lui lo chiama proprio così) grande grande. Mica solo bunga bunga. Ma cuore cuore. Ci si può anche inventare che Ruby è la nipote di Mubarak e rischiare una crisi internazionale (vedasi la sdegnata smentita dell’Egitto). E’ più importante bungare bene, che sorridere a quel capo di un paese che è anche uomo. E mantenere buone “relazioni” con la stupenda e sensuale estetista Minetti, che si è data un gran daffare per liberare Ruby. Mica è consigliere regionale per caso. Anche a lei una bungata gliela darebbero proprio tutti..

One Comment »

  • Giuseppe Luca said:

    “LA PREDICA DEL BUON ESEMPIO”

    Termini quali “emergenza”, “sfida”, “compito”, “missione” utilizzati per parlare di educazione, da un lato ne rilevano la grande attualità e importanza e, dall’altro, pongono alcune domande essenziali che attendono risposte.
    E iniziamo a chiederci perché, parlando dei giovani, gli adulti, spesso, utilizzano la famosa frase:
    “ai miei tempi…” che, in definitiva affossa ogni possibilità di dialogo e di reciproca considerazione positiva. Si tratta, fra l’altro, di un linguaggio che trova la sua origine nei tempi più remoti.
    “Nemmeno i tempi sono più quelli di una volta. I figli non seguono più i genitori!”
    (da un papiro egizio di 5000 anni fa)
    “Questa gioventù è guasta fino al midollo; è cattiva, irreligiosa e pigra. Non sarà mai come la gioventù di una volta. Non riuscirà a conservare la nostra cultura”.
    (da un frammento di argilla babilonese di 3000 anni fa).
    “Non nutro più alcuna speranza per il futuro del nostro popolo, se deve dipendere dalla gioventù superficiale di oggi, perché questa gioventù è senza dubbio insopportabile, irriguardosa e saputa. Quando ero ancora giovane, mi sono state insegnate le buone maniere e il rispetto per i genitori: la gioventù d’oggi invece vuole sempre dire la sua ed è sfacciata”.
    (Esiodo, 700 avanti Cristo)
    “Il mondo sta attraversando un periodo tormentato. La gioventù di oggi non pensa più a niente, pensa solo a se stessa, non ha più rispetto per i genitori e per i vecchi; i giovani sono intolleranti di ogni freno, parlano come se sapessero tutto. Le ragazze poi sono vuote, stupide e sciocche, immodeste e senza dignità nel parlare, nel vestire e nel vivere”.
    (Pierre L’Eremite, predicando la prima crociata nel 1095)
    Ma gli adulti di oggi non sono i giovani di ieri?
    E allora, faremmo bene a smetterla di giocare al gioco del “noi e loro”. Il gioco del “noi e loro” serve, spesso, a declinare le nostre responsabilità di adulti pensando che se i giovani sono diversi, in definitiva, la colpa non è nostra.
    E il comportamento dei giovani di oggi non è anche modellato sul nostro comportamento di adulti? Nessuno può negare che i giovani seguano i modelli e gli esempi proposti dai grandi.
    Se uno dei problemi più gravi dei giovani d’oggi è, come evidenziato da diversi studi, quello della mancanza d’identità, sarà consequenziale l’identificazione con i modelli esterni.
    È, perciò, necessario controllare quanto si fa per la formazione dei giovani rilevando quanto contribuiscano le varie agenzie educative, la scuola, la società, l’associazionismo, i mass-media.
    E noi che ci fregiamo del titolo di “educatori” non possiamo non riflettere e non stigmatizzare i messaggi negativi trasmessi dai mass media, da tanti personaggi che, spesso, pur rivestendo incarichi politici di alta rappresentanza popolare, dimenticano i valori etici e morali, messaggi e stili di vita devianti con i quali i giovani ritengono lecito identificarsi compromettendo definitivamente il loro futuro.
    Ribadiamo, infatti, come l’influenza delle comunicazioni di massa sull’opinione pubblica e sui processi di formazione e/o di mutamento di opinioni, atteggiamenti e comportamenti è molto elevata specialmente se, i fruitori delle notizie, non hanno una solida formazione discriminatoria e la conseguente capacità di formarsi comunque, un’opinione personale.
    Riconosciamo, ancora, che l’etica dell’uomo politico è l’etica del singolo in quanto, come per ogni altra persona, nasce dalla sua coscienza morale, dal suo credo, dalle sue convinzioni; ma, a differenza di un comune cittadino, chi ha un ruolo di rappresentanza deve essere ben consapevole delle possibili conseguenze morali, sociali e culturali di ogni sua parola e, specialmente, di ogni suo gesto deviante.
    Una “piccola” bugia detta da un semplice cittadino resta un fatto non condivisibile ma riguarda la sfera personale, ma se detta da un uomo “pubblico”, rappresenta un “tradimento” di quei valori fondanti l’etica sociale che un uomo impegnato nel pubblico deve scrupolosamente possedere e difendere.
    Il tuca tuca o il bunga bunga non si addicono a chi ha un ruolo di rappresentanza e, quindi, di formazione. Le Istituzioni, infatti, hanno una dignità da conservare e mostrare con orgoglio.
    Il politico, quindi, più di chiunque altro, deve avere, nell’esercizio del suo ruolo, un comportamento esemplare che non offuschi minimamente l’immagine del suo Paese, che eviti ogni riflesso negativo sulla vita nazionale e sui rapporti con altri Paesi.
    L’azione educativa deve viaggiare sui binari della fermezza e della vigilanza ma ha come volano l’esempio. La funzione dell’educatore, (operatore scolastico, politico, professionista della comunicazione, genitore…), infatti, deve essere essenzialmente una funzione di esemplarità o meglio di testimonianza.
    Un vecchio proverbio afferma: “le parole volano, gli esempi trascinano” perché, come ripeteva don Bosco ai suoi collaboratori:“Quello che più conta è la predica del buon esempio”.

    Giuseppe Luca, pippo.luca@alice.it, 3334358311
    Direttore Responsabile della “Letterina”

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