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Intervenendo all’assemblea nazionale del Psi a Bologna

12 Settembre 2011 1.031 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

L’assemblea nazionale del Psi si è conclusa nel pomeriggio di sabato 10 settembre a Bologna, nell’area della festa nazionale dell’Avanti, con l’approvazione di un documento votato a larga maggioranza, mentre la sinistra socialista di Franco Bartolomei vedeva respinto il suo ordine del giorno firmato da oltre 30 membri. Intervenendo nel corso del dibattito Mauro Del Bue ha detto tra l’altro: ” Ringrazio il Psi per avere scelto di svolgere per la seconda volta consecutiva la sua festa nazionale in Emilia (l’anno scorso a Ferrara e quest’anno a Bologna). Vorrei però parlare dell’Avanti perchè non si può promuovere la festa del nostro antico quotidiano senza occuparci di quello che è oggi diventato. Propongo a tale proposito un grande convegno nazionale presieduto dai cinque direttori dell’Avanti viventi (Giovanni Pierracini, Franco Gerardi, Antonio Ghirelli, Ugo Intini e Roberto Villetti), con la partecipazione dei più importanti storici e degli uomini di cultura disponibili. L’Avanti è un patrimonio del Psi, fondato a Imola da Andrea Costa nel 1891 e divenuto poi quotidiano socialista a partire dal 1897. Mi ero premurato di far pervenire al segretario del partito e per conoscenza ai compagni un documento politico da me elaborato e suddiviso in otto punti, che trovo sostanzialmente recepito dal documento proposto dalla segreteria. Dunque voterò a favore del testo proposto. Ci tengo a sottolineare tre punti: 1) Il primo (che per la verità manca nel documento citato) è relativo al rapporto col vecchio Psi. Io ritengo che siano ancora attuali, anzi oggi più che mai attuali, alcune intuizioni che il Psi suggerì all’intera sinistra negli anni ottanta, relativi al socialismo liberale, al rapporto tra pubblico e privato, all’idea di una politica ecomica e sociale capace di sfidare anche taluni oltranzismi e conservatorismi sindacali. La crisi economico-finanziaria ha capovolto questi capisaldi? Qualcuno ritiene di sì.  E invita a ritornare al vetero-socialismo, alla supremazia del pubblico sul privato (ho trovato poco convincente la posizione tenuta dal nostro partito sul referendum sull’acqua), all’idea del sindacato che ha sempre ragione. Io non la penso così. Certo la crisi mette in evidenza la necessità di regolamentare i mercati, di dare ad essi norme che scoraggino gli assalti della speculazione. Tutto questo è stato purtroppo intuito più da Tremonti nel suo famoso libro, che però detta la terapia sbagliata del “Dio, patria e famiglia”, che non dalla sinistra italiana. Dunque non andiamo a riscoprire vecchie e magiche formule della sinistra passata, neo frontiste o da Union de la gauche, ma cerchiamo insieme una soluzione nuova a problemi nuovi. 2) In questo senso è giusto quel che propone Nencini e cioè di appoggiare la formazione di un governo di responsabilità nazionale, come pare suggerire del resto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale noi dovremmo ispirarci. Alla fine di questa crisi nessuno resterà come prima. Tante certezze verranno spazzate via. Come quella del bipolarismo assoluto (con la sinistra che ha sempre ragione e la destra che non ha ragione mai). Se fosse così semplice dovreste spiegarmi come mai la situazione della Spagna dopo dieci anni di governo socialista è ancora più grave di quella dell’Italia berlusconiana. 3) E’ così pure giusta la proposta di una coalizione che vada dalla sinistra riformista al centro di Casini. Non basta vincere le elezioni, forse è anche troppo facile, adesso. Anzi è sempre successo che l’opposizione vinca le elezioni dal 1994 ad oggi. Il difficile è poi governare l’Italia. E allora noi dovremmo suggerire (dico suggerire perchè contiamo assai poco) la formazione non solo di una maggioranza, ma di un governo per il paese. Che non può essere composto da chi sui temi economico-sociali, sulla giustizia, sulla politica internazionale ha assunto posizioni diverse. Noi non possiamo formare una nuova Unione (caravanserraglio di sigle inconciliabili dal punto di vista programmatico), nè si deve cedere all’idea veltroniana della vocazione maggioritaria di un solo partito con l’eccezione di Di Pietro. Si dovrà lavorare e dichiarare di più. Con poche ma chiarissime idee. Io ne ho suggerite alcune”.

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